Petrolio russo, accordo più vicino
Sull’embargo si negozia con Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca. Oggi nuovo round
C’è un cauto ottimismo. L’intesa politica tra i 27 Stati membri sul sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina è molto avanzata mentre sulla parte tecnica c’è ancora lavoro da fare, spiegava ieri una fonte diplomatica europea. Oggi a mezzogiorno si riuniscono nuovamente gli ambasciatori presso la Ue, dopo le riunioni di mercoledì e venerdì scorso.
È l’embargo sul petrolio russo la parte più complicata per il via libera al sesto pacchetto. Nella prima proposta presentata dalla Commissione l’ipotesi era di un embargo sulle importazioni dalla Russia entro sei mesi per il greggio ed entro fine anno per i prodotti raffinati, fatto salvo un periodo più lungo per Ungheria e Slovacchia. Nei giorni scorsi è stata inclusa anche la Repubblica Ceca, tutti e tre i Paesi non hanno sbocco sul mare, e si è ipotizzato il 2024 ma è sulla durata della deroga che si sta negoziando (ieri si sarebbe raggiunta l’intesa ma in serata alle capitali non era ancora arrivata la nuova proposta della Commissione). La Bulgaria ha però pestato i piedi perché la sua richiesta di un rinvio di due hanni non ha trovato risposta. Radoslav Ribarski, presidente della commissione parlamentare per l’Energia di Sofia, ieri ha detto alla tv pubblica Btv che «se non otterrà il rinvio, la Bulgaria potrebbe porre il veto sulla decisione comune».
Si negozia anche sulle compensazioni da riconoscere ai Paesi come l’Ungheria, che ha raffinerie che trattano solo il petrolio russo e che dunque andranno trasformate per altri tipi di greggio. Venerdì è stato il premier Viktor Orbán a minacciare il veto, definendo le sanzioni sul petrolio «una bomba atomica» per la sua economia. Il premier magiaro sta cercando di massimizzare la trattativa visto che la Commissione Ue non ha ancora dato semaforo verde al Piano nazionale di ripresa. Budapest non ha ricevuto finora nemmeno un euro da Next Generation Eu (neanche l’anticipo del 13%) e rischia di vedersi tagliare anche altri fondi a causa del mancato rispetto dello Stato di diritto. Per sbloccare la situazione ci sono stati contatti ad alto livello tra Bruxelles e Budapest.
Comunque non c’è un ostacolo politico sul petrolio, spiegava ieri un’altra fonte europea, ma la necessità di trovare modalità per garantire approvvigionamenti alternativi ai Paesi senza sbocco sul mare che dipendono dal greggio russo via oleodotto. E questo non è facile. Ci sono molte questioni da risolvere: tecnologiche, di approvvigionamento, di finanziamento, di infrastrutture. I Paesi che non hanno sbocco sul mare hanno inoltre chiesto garanzie nel caso in cui sia la Russia unilateralmente a chiudere i rubinetti del petrolio, come ha già fatto nelle scorse settimane con il taglio delle forniture di gas nei confronti di Polonia e Bulgaria.
Non ci sarebbero ostacoli, invece, sugli altri elementi del pacchetto: l’esclusione dal sistema internazionale di pagamenti Swift di tre nuove banche russe, tra cui Sberbank, e una bielorussa (il secondo istituto del Paese); ulteriori restrizioni ai servizi finanziari e di contabilità; l’allargamento dell’export control ad alcuni prodotti chimici per limitare la capacità di Mosca di fabbricare ordigni chimici; l’inclusione nella black list del patriarca ortodosso Kirill e di Alina Kabaeva, la presunta compagna di Putin; il bando di tre emittenti televisive.
È probabile che oggi si raggiunga un’accordo politico ma che la formalizzazione dell’intesa sul sesto pacchetto di sanzioni arrivi in settimana, dopo la festa dell’Europa che coincide con il Giorno della Vittoria: domani la Russia celebra la sconfitta del nazismo avvenuta nel 1945. Una commemorazione ripristinata nel 2008 dal presidente Vladimir Putin.