● La neutralità mancata di Kiev e i troppi che sfruttano il conflitto
Negli scorsi mesi, prima dell’invasione russa dell’Ucraina, una delle parole più frequentemente usate nella stampa e nelle conversazioni politiche era «neutralità». Sembravamo essere tutti convinti che la neutralità dell’Ucraina, se praticata con lo stile e con i criteri della Svizzera, ci avrebbe risparmiato un conflitto su scala europea. Spettava al governo di Kiev, naturalmente, prendere l’iniziativa e proclamarsi neutrale. Ma sarebbe stato opportuno anche un congresso internazionale per ottenere che la neutralità dell’Ucraina fosse ufficialmente riconosciuta dalle maggiori potenze e da tutti gli Stati della regione. La neutralità funziona se è rispettata da tutti e se la sua violazione viene severamente punita.
Ma questo non è accaduto. La Russia ha invaso l’Ucraina per farne un satellite, e i Paesi maggiormente interessati si sono limitati, nella migliore delle ipotesi, a qualche innocua manifestazione di malumore. Temo che questa discrezione nasconda un calcolo. Anche in queste circostanze, come in altre occasioni, vi sono state persone e istituzioni per cui la guerra, anziché essere un male da evitare, fosse una occasione da cogliere. Penso anzitutto a Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa. Si è presentato al suo Paese come l’uomo che avrebbe restituito alla Russia il prestigio internazionale di cui godeva durante la Guerra fredda. Ha consiglieri, come abbiamo scritto recentemente, che lo esortano a creare un impero euro-asiatico in cui Mosca diverrebbe nuovamente una capitale imperiale e l’Ucraina il più prezioso dei gioielli. Penso anche agli Stati Uniti dove vi sono ancora gruppi di pressione per i quali la Russia è sempre un potenziale nemico. E non
Grandi affari
Vi sono industrie per cui la guerra presenta un duplice vantaggio: più armi da progettare e poi vendere dimentico gli ex satelliti dell’Unione Sovietica (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) che continuano a vedere nella Russia il nemico di ieri, hanno bisogno di un protettore e pensano di averlo trovato a Washington.
Non è tutto. Vi sono esponenti di una religione che credono di ottenere dalle sorti di un conflitto un più largo spazio per la diffusione del loro culto. Vi sono industrie per cui la guerra presenta un duplice vantaggio: aumenta il consumo delle armi e sollecita la fantasia di coloro che progettano nuovi strumenti bellici.
A noi, che guardiamo impotenti questi amici della guerra, resta solo una speranza: che ne escano tutti delusi e sconfitti.