Corriere della Sera

Ok al tempo effettivo, ma rispettand­o il gioco

- Di Paolo Casarin

L’Università di Tokyo, al Mondiale del 1986, scoprì che il tempo effettivo di gioco era diverso da partita a partita. A loro sembrò una competizio­ne irregolare mentre noi eravamo travolti dal genio non misurabile di Maradona. Dopo Italia ‘90 la Fifa si sentì sconfitta dai soli 2,1 gol per partita: approvò subito regole per indebolire la difesa e incrementa­re le segnature. Gioco dei portieri stravolto , facilitata l’espulsione dei difensori. Dopo quarant’anni di grande calcio, 1950-1990, con regole stabili, si passò all’aumento forzato dei gol: ormai il mercato quello richiedeva. Si pensò di giocare due tempi da 30 minuti: la Fifa incerta non si piegò. Però subito dopo (1993) accettò la proposta italiana che prevedeva il recupero del tempo perso per le sostituzio­ni dei calciatori e per gli interventi dei medici. Il gioco si allungò di circa 4-5 minuti raggiungen­do, in Europa, i 54-56 minuti. Dignitoso. Non solo, i dati dimostraro­no che, nei recuperi disperati, aumentavan­o i gol miracolosi: l’emozione vera. Il 1995 segnalò il potere crescente del calcio ricco ma soprattutt­o la separazion­e tra il calcio di base e il calcio di vertice che poteva diventare «arbitrabil­e» anche con le sole tecnologie. Gli arbitri reagirono ampliando la squadra e accettando (?) il soccorso della Var. Siamo al punto cruciale: i Paesi ricchi , possibili finanziato­ri anche in futuro, ma senza cultura del calcio, vogliono di più. La Fifa ha cercato la soluzione stravolgen­do le regole nell’area con un’offerta di rigori scontati. In area i fuorigioco sono ormai rari e ci si diverte con i centimetri incerti a molti metri dalla porta. Qualcuno vorrebbe sacrificar­e il fuorigioco. Dal tempo effettivo si potrà ricavare più gol ma anche tante interruzio­ni prolungate, circa 100, quando il pallone uscirà dal gioco. Tanto si recupera tutto. Cara Fifa il tempo effettivo da 60 minuti va bene. A piccoli passi, per non pentirsi il giorno dopo. È bello sviluppare calcio nelle nuove terre, facendo rispettare lo spirito del gioco.

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