Corriere della Sera

Grano fermo nei silos ucraini Da Kiev al Nordafrica rischio carestie e inflazione

Dai Paesi in guerra arriva il 31% della produzione mondiale Il World Food Programme: 47 milioni di affamati in più (prima erano 276). L’appello dell’Onu per sbloccare i porti

- di Enrico Marro

ROMA Con la guerra in Ucraina e il blocco dei porti, compreso quello di Shanghai per il Covid, si è creata una miscela esplosiva per i mercati agroalimen­tari. Il World Food Programme (Wfp) dell’Onu lancia l’allarme, «per evitare che la crisi globale della fame sfugga al controllo». Secondo la stessa agenzia, agli attuali 276 milioni di persone che nel mondo, dopo la pandemia, soffrono la fame (prima erano 135 milioni) rischiano di aggiungers­ene 47 milioni. «I silos di grano dell’Ucraina sono pieni. I porti sul Mar Nero sono bloccati, lasciando milioni di tonnellate di grano intrapmier, polate in magazzini a terra o su navi», spiegano al Wfp.

Superpoten­za agricola

Il direttore esecutivo, David Beasley, lancia un appello ad «aprire i porti per fare in modo che il cibo possa muoversi da e per l’Ucraina. Il tempo sta per scadere e il costo sarà più alto di quanto si possa immaginare». Come sottolinea Sébastien Abis, ricercator­e dell’Iris, l’istituto francese per le relazioni internazio­nali e strategich­e, e direttore del Club Demeter, think tank animato da 74 aziende agroalimen­tari, «se la guerra non termina subito, i primi a soffrire dei danni alle produzioni agricole saranno gli ucraini e subito dopo i Paesi più dipendenti dalle importazio­ni di grano da Kiev». L’Ucraina, aggiunge Abis, autore del libro Géopolitiq­ue du blé — Un produit vital pour la sécurité mondiale, «è una superpoten­za agricola, che ora non esporta più», contribuen­do involontar­iamente sia alla scarsità di prodotto sia all’inflazione.

Russia e Ucraina coprono rispettiva­mente il 21% e il 10% delle esportazio­ni mondiali di frumento tenero. Dipendono dalle importazio­ni ucraine Paesi che hanno già tanti problemi: Egitto, Indonesia, Turchia, Tunisia, Marocco, Yemen e Libano. L’Ucraina, inoltre, pesa per il 15% nelle esportazio­ni globali di mais.

Prezzi record

Mario Draghi, intervenen­do il 3 maggio al Parlamento di Strasburgo, ha ricordato che «l’Ucraina è il quarto maggior fornitore estero di cibo nell’Unione europea. Ci invia circa metà delle nostre importazio­ni di granoturco, e un quarto dei nostri oli vegetali». A marzo, ha aggiunto il prei prezzi internazio­nali «dei cereali e delle principali derrate alimentari hanno toccato i massimi storici. C’è un forte rischio che l’aumento dei prezzi, insieme alla minore disponibil­ità di fertilizza­nti, produca crisi alimentari».

La situazione italiana

Né in Europa né in Italia c’è un problema immediato di approvvigi­onamenti, su questo gli esperti sono concordi. Il nostro Paese riceve da Russia e Ucraina solo il 5% delle importazio­ni globali di grano tenero, il 15% per quanto riguarda il mais e il 13% per i fertilizza­nti. Forte è invece l’import di olio di semi di girasole, circa il 46%, ma si tratta di un prodotto sostituibi­le con altri. Tutto questo, però, non ci mette al riparo dall’aumento dei prezzi.

Combattere lo spreco

È evidente, quindi, che così come la guerra ha aperto gli occhi all’Ue sull’urgenza di una politica comune sulla difesa e sull’energia, anche sul piano agroalimen­tare è necessario dare un respiro strategico alla politica europea per aumentare il grado di sicurezza alimentare. Infine, come sottolinea Caterina Batello, che vanta un’esperienza ventennale alla Fao come Team leader per l’Agroecolog­ia, diventa più che mai fondamenta­le «combattere lo spreco alimentare».

Secondo la stessa Fao, aggiunge Batello, durante la catena di produzione alimentare ben il 30% dei prodotti destinati alle nostre tavole viene sprecato. Ognuno di noi può fare qualcosa.

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