«So che c’è chi si indigna Ma questa è la legge»
Arrestato quattro mesi fa per una rapina e posto ai domiciliari per questioni di salute. Evaso pochi giorni dopo, finisce in carcere a Pordenone. Venerdì fa ritorno a casa, ai domiciliari, sempre per motivi di salute. E, poche ore dopo, nello stesso stabile dove aveva compiuto la rapina, si macchia, secondo l’accusa, dell’omicidio della donna. «Sì, è vero — sostiene Massimiliano Ortolan, vicequestore di Udine — questa è la giustizia nel nostro Paese. Ma né noi, né i magistrati stabiliamo le leggi. Noi le applichiamo. Nella fattispecie, è stato ritenuto che le risposte da dare a questa persona fossero le più adeguate». Secondo Ortolan si tratta di una decisione che «come molte altre, note o meno note, si possono discutere, non comprendere o addirittura confutare». «Sono consapevole — insiste — che i cittadini di fronte a una vicenda drammatica come questa possano avere una reazione negativa, indignarsi come succede per altro con molte sentenze. Ricordo il ragazzo friulano che aveva ucciso la fidanzata ed era stato posto ai domiciliari. Poi quel ragazzo si è impiccato. Non voglio giustificare nulla, ma affermare che ogni vicenda è una storia a sé e non sempre è facile prendere decisioni. Nel caso dell’indagato per questo omicidio, va anche spiegato che ci troviamo di fronte a un caso particolare, a una persona ai margini. Un soggetto borderline». Già, ma cosa fare allora? Il vicequestore non ha dubbi ed è perentorio: «Nulla finché le norme sono queste e finché la certezza della pena non è tale. So che la gente si arrabbia se viene a sapere che un detenuto condannato a 20 anni ne può scontare sì e no la metà. Ma così è. Una cosa che si può fare subito, invece, è rendere efficaci ed efficienti le carceri. Poi si potrà parlare di rieducazione».