Inclusione e voto a maggioranza La «Nuova Europa» di Macron
A Strasburgo il leader di turno della Ue lancia la «Comunità politica europea»: apertura a Kiev (e a Londra) Il dopo-guerra? «Evitiamo di umiliare la Russia»
PARIGI Allargare e approfondire l’Europa. Allargarla con una «Comunità politica europea» aperta a nuovi membri, e approfondirla cambiando i Trattati dell’Unione dei Ventisette.
Davanti al Parlamento di Strasburgo nel giorno della Festa dell’Europa, anniversario della dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950, il presidente Emmanuel Macron ieri ha cercato di tenere insieme le due esigenze — orizzontale e verticale — a lungo considerate inconciliabili.
Da una parte Macron propone la creazione di una «Comunità politica europea» che si allarghi a Paesi — come l’Ucraina — che già fanno parte della nostra famiglia e già condividono i nostri valori, ma che non possono entrare subito nell’Unione.
Allo stesso tempo il presidente francese vuole cambiare i Trattati Ue, in modo che anche nelle questioni sociali, fiscali e di politica estera (per le quali ora serve l’unanimità) il Consiglio voti a maggioranza: il modo più efficace e visibile per approfondire l’integrazione dell’Unione europea dei Ventisette, destinati a restare tali ancora a lungo.
Fedele all’istinto per la sintesi e al «ma anche» che ha fatto la sua fortuna politica, Emmanuel Macron ieri a Strasburgo ha parlato da presidente francese e da leader del Paese che fino a giugno assicura la presidenza a turno della Ue, ispirandosi a diverse proposte che negli ultimi giorni stanno animando il dibattito europeo .
La «Comunità politica europea» assomiglia molto alla confederazione suggerita dal segretario del Partito democratico italiano Enrico Letta, a sua volta ispirata alla proposta che François Mitterrand avanzò subito dopo la caduta del muro di Berlino per tenere i Paesi dell’Est ancorati all’Occidente. Se allora la confederazione era pensata per coinvolgere Mosca, adesso sarebbe uno strumento per tenere la Russia a distanza e offrire aiuto e protezione all’Ucraina, e poi a Georgia, Moldavia e ai Balcani occidentali.
Della necessità di cambiare i Trattati si parla da tempo, e l’ultimo a farlo è stato pochi giorni fa, proprio davanti al Parlamento di Strasburgo, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, che è arrivato a evocare di nuovo il «federalismo» (parola che in Francia resta da anni quasi proibita e che infatti Macron non ha pronunciato).
La revisione dei Trattati incontra il favore della presidente del Parlamento, Roberta Metsola, e della presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, che vuole «migliorare di continuo la nostra democrazia». Ma c’è subito l’opposizione di 13 Paesi (Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Svezia), che in una nota informale diffusa dopo il discorso di Macron dichiarano di non sostenere sforzi «avventati e prematuri».
Macron auspica comunque che una «convenzione per la riforma dei trattati» venga convocata a giugno con obiettivi chiari: oltre al voto a maggioranza, dare al Parlamento il diritto di iniziativa legislativa e fissare nuovi traguardi comuni per «clima, lavoro, crescita e giustizia sociale».
Quanto alla «Comunità politica europea», questa appare innanzitutto come una risposta alla domanda di ingresso dell’Ucraina nella Ue. La candidatura verrà forse accettata già nel vertice di fine giugno, ma per diventare membri a tutti gli effetti dell’Unione «ci vogliono anni, forse decenni», ha detto Macron. «Bisogna dirlo, per onestà».
Per non deludere chi sta combattendo e morendo in nome dell’ideale europeo, ecco allora l’idea di creare una nuova entità, simile al Consiglio d’Europa, «che permetta alle nazioni che aderiscono ai nostri valori di trovare un nuovo spazio di sicurezza e di cooperazione nei campi della politica, dell’energia, dei trasporti, delle infrastrutture, della circolazione delle persone e in particolare dei giovani». «L’ingresso nella Comunità politica europea non pregiudicherebbe l’adesione futura alla Ue, e non sarebbe precluso a chi ha lasciato la Ue», ha aggiunto Macron, con un riferimento esplicito al Regno Unito.
Se a Mosca ieri è andata in scena l’esibizione della forza militare, a Strasburgo Macron ha tenuto a difendere con solennità i valori europei contrapposti a quelli delle autocrazie, e ha condannato i «crimini inqualificabili» commessi dalla Russia in Ucraina. Un modo per ribadire il sostegno europeo a Kiev, marcando comunque le distanze con il presidente americano Joe Biden che invece decise di qualificarle subito, quelle atrocità, come «crimini di guerra». Macron è sembrato confermare una certa volontà di cautela quando, prima di partire per Berlino, ha detto che finita la guerra «dovremo costruire i nuovi equilibri di sicurezza in Europa senza mai cedere alla tentazione né dell’umiliazione, né dello spirito di rivalsa».
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