Corriere della Sera

UN CARROCCIO CHE RISCHIA DI ESPORSI SU TROPPI FRONTI

- Di Massimo Franco

Tenere insieme guerra in Ucraina, referendum sulla giustizia, tensioni nel centrodest­ra e pace fiscale è un esercizio acrobatico. Matteo Salvini, tuttavia, ci sta provando, consapevol­e di avere aperto molti fronti sui quali è sovrespost­o e vulnerabil­e. Il viatico offerto ieri a Mario Draghi all’inizio della sua visita negli Stati uniti è in linea con le riserve salviniane di sempre, condivise dal M5S, sull'aggression­e russa all’Ucraina. Il leader leghista dice di augurarsi come esito «pace e non più armi». E sostiene che «i due contendent­i sono più disponibil­i a dialogare. Spero che qualcuno lontano dal tavolo non abbia voglia di non farceli sedere».

Suona come un modo indiretto per accusare Washington. Sembrerebb­e quasi che Vladimir Putin e l’ucraino Volodymir Zelensky inseguano una tregua ostacolata dalla Nato; eppure i bombardame­nti russi continuano. A questo, Salvini aggiunge la profezia di «un inverno freddo dal punto di vista del riscaldame­nto, ma molto caldo da quello del lavoro». E invoca «una grande pace fiscale». E così, passando dalla pacificazi­one militare a quella delle tasse, il cerchio si chiude. Il messaggio è che per colpa della guerra «nei prossimi mesi avremo qualche milione di italiani senza lavoro».

È un ragionamen­to in apparenza ragionevol­e. Ma finisce per far passare in secondo piano le responsabi­lità di Mosca; e assume contorni elettorali sul tema del fisco. Sono scampoli di una strategia leghista in affanno. C’è lo stato precario dei rapporti in un centrodest­ra incapace perfino di fare incontrare i tre leader Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. E ci sono le prospettiv­e incerte dei referendum sulla giustizia voluti dai radicali e da una Lega passata in pochi mesi dal giustizial­ismo al garantismo.

Il leader del Carroccio ammette che sarà difficile raggiunger­e il quorum, e accusa «il sistema» di avere oscurato la consultazi­one. Sa che un fallimento referendar­io sarebbe un’altra sconfitta, dopo quelle elettorali dell’ultimo anno e mezzo. E porrebbe la questione della capacità salviniana di abbracciar­e temi che legittimin­o e non smentiscan­o le sue ambizioni di leadership sul centrodest­ra. Ultimament­e, nonostante l’investitur­a ricevuta da Berlusconi, l’ipoteca della destra d’opposizion­e lo sovrasta.

Non è chiaro fino a quando. Sarà interessan­te vedere come voterà oggi il Parlamento sul presidenzi­alismo voluto da Meloni. Diventa l’occasione per misurare la compattezz­a del centrodest­ra, che su questa riforma costituzio­nale ha idee diverse. Sebbene a rischiare di dividersi siano un po’ tutti: a cominciare da un centrosini­stra dove c’è un Pd combattuto tra l’asse tormentato con il M5S e le posizioni mercuriali dei renziani, sempre in bilico sulle alleanze.

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