«Con la voce ho stregato Almodóvar e Celentano Rubai in un supermercato»
L’attrice: mia sorella Irene? Non mi ha aiutata nella carriera
Sognava di fare la ballerina. «Sì, ma ero troppo alta, troppo magra e con i piedi troppo lunghi. Mia madre mi disse: quando alzi le braccia sembri un cavatappi. Il paragone mi fece capire che ero smisurata». Il sogno di Veronica Pivetti, dopo aver frequentato per tre anni una scuola di danza, svanì e cambiò direzione: «Ero convinta di fare la pittrice, infatti dopo il liceo artistico, mi sono diplomata all’Accademia di Brera e ho anche lavorato, per un periodo, nella bottega di un pittore».
Ma allora quando, come e perché ha iniziato a fare doppiaggio e poi l’attrice?
«È una storia che parte da lontano. Avevo 6 anni, ero figlia di un regista e di un’attrice, sin da piccola bazzicavo l’ambiente. Vengo notata da Bruno Bozzetto, che doveva girare uno spot pubblicitario con Maurizio Nichetti. Gli serviva una ragazzina che doveva aggirarsi, con aria spaesata, in una festa di adulti, dove per la prima volta venivano offerte olive snocciolate, le Saclà. Gli piaceva la mia faccetta assurda e mi scritturò. Ero molto divertita da questa nuova avventura, però terrorizzata dal dover mangiare le olive: le detestavo! Comunque fu il mio debutto da attrice, anche se, sempre da bambina ho iniziato il doppiaggio. La cosa curiosa era che, essendo piccola, per raggiungere il leggio troppo alto per me, venivo sistemata su una panca. È stata una vera e propria scuola, mi ha insegnato varie cose».
Quali?
«Il rigore assoluto di un lavoro serio e il dover aderire al personaggio che doppiavo: se tossiva dovevo tossire, se sbadigliava dovevo sbadigliare, se rideva dovevo saper ridere... Mi ha insegnato il buio della sala che è quanto di meno egocentrico possa esistere. Quando sei da solo, la tua faccia non la vede nessuno e l’unica cosa che conta è la tua voce, ti fa capire che sei al servizio del compito che ti è stato assegnato. Non ho mai avvertito la frustrazione del doppiaggio, è stato un impegno di grande dignità e divertente».