DIEGO È UN MITO MA LO STADIO È DI SAN PAOLO
ANapoli il «culto» di Maradona ha assunto aspetti sempre più sbilanciati verso forme parareligiose. Che valicano, pur restando nel microcosmo calcistico, i confini cittadini. I giocatori del Barcellona a febbraio e Mourinho in aprile sono andati addirittura a rendere omaggio al murale del Pibe nei Quartieri Spagnoli (salvo poi negare la vittoria al Napoli in campo). Né la Chiesa né le autorità cittadine, tuttavia, hanno mai manifestato fastidio per la venerazione del campione. Una fronda, invece, sta prendendo forma contro l’intitolazione dello stadio a Diego Armando Maradona decisa all’indomani della sua morte, alla fine del 2020, dall’allora sindaco Luigi de Magistris. «Una decisione insensata», secondo un gruppo di professionisti che hanno scritto all’attuale primo cittadino Gaetano Manfredi per convincerlo a tornare alla precedente denominazione: San Paolo. I firmatari, «capitanati» da Gerardo Mazziotti, instancabile architetto novantottenne, sottolineano il fatto che di solito gli stadi sono intitolati a campioni nati nella città che li ospita: Giuseppe Meazza a Milano, Luigi Ferraris a Genova, Marcantonio Bentegodi a Verona, per esempio. Oppure a storici dirigenti sportivi, come Renato Dall’Ara a Bologna. O a santi: Sant’Elia a Cagliari, Sant’Ilario a Parma, San Nicola a Bari. A Milano lo stadio si chiamava San Siro prima che fosse dedicato a Meazza. Nel 1959 Napoli aveva scelto San Paolo con decisione unanime del Consiglio comunale. Lo sa bene Mazziotti, che alla progettazione aveva partecipato. E non è un caso che con lui si siano schierati, tra gli altri, architetti di fama come Pasquale Belfiore, Alessandro Castagnaro, Gianni Cosenza, Renato De Fusco, Cesare de Seta, Carmine Gambardella. Basterà? Di sicuro servirà a parlarne. Almeno fino a quando De Laurentiis non riuscirà a trovare un nuovo idolo che procuri le stesse emozioni di Diego ai tifosi. E che i tifosi possano fare santo.