Corriere della Sera

LE PAROLE IMPORTANTI

- di Antonio Polito

«Qual è il nostro obiettivo di fronte alla decisione unilateral­e della Russia di invadere l’Ucraina e attaccare il suo popolo? Fermare questa guerra il più presto possibile. Fare tutto il possibile per assicurare che l’Ucraina possa alla fine resistere e che la Russia non vinca mai. Per preservare la pace nel resto del continente europeo ed evitare qualsiasi escalation».

Come non essere d’accordo con Macron? Ha ribadito l’altro giorno a Strasburgo la scelta di campo dell’Unione europea e dell’alleanza occidental­e che sta aiutando Kiev a difendersi. Però, qui e là, nell’incredibil­e fricassea che sta diventando il dibattito pubblico in Italia, le parole di Macron sono diventate: «Mosca ora non va umiliata». Oppure «La pace non si ottiene umiliando Mosca». Presentate come se fossero una chiara presa di distanza dal resto dei Paesi occidental­i. Da che cosa nasce questo ennesimo equivoco?

Riprendiam­o il testo integrale di Macron: «Per sostenere l’Ucraina abbiamo adottato sanzioni senza precedenti..., abbiamo mobilitato risorse militari, finanziari­e e umanitarie..., stiamo lottando e lotteremo contro l’impunità per gli indicibili crimini commessi dalla Russia in Ucraina».

Poi Macron continua: «Ma non siamo in guerra con la Russia. Stiamo lavorando per la conservazi­one della sovranità e dell’integrità territoria­le dell’Ucraina, per il ritorno della pace nel nostro continente. Spetta all’Ucraina definire le condizioni per i negoziati con la Russia. Il nostro dovere è di stare al suo fianco per ottenere un cessate il fuoco e poi costruire la pace. Allora saremo lì per ricostruir­e l’Ucraina. Perché, infine, quando la pace tornerà sul suolo europeo, dovremo costruire nuovi equilibri di sicurezza e non dovremo mai cedere alla tentazione dell’umiliazion­e o allo spirito di vendetta, perché hanno già, in passato, devastato i sentieri della pace».

Mi scuso per la lunghezza della citazione. Però, qualche volta, i testi andrebbero letti invece che saccheggia­ti. Ancora una volta: come non essere d’accordo con Macron? Quando la pace tornerà perché la guerra di Putin non ha vinto, non bisognerà fare l’errore che la Francia pretese dagli alleati alla fine della Prima guerra mondiale, e cioè la punizione e l’umiliazion­e della Germania guglielmin­a, che posero le premesse del tragico revanscism­o tedesco. Ma, per arrivare alla pace, l’Europa si batte oggi per fermare chi ha umiliato la legalità internazio­nale con l’invasione; ha umiliato un popolo che piange decine di migliaia di vittime civili, non facendone neanche il nome nel discorso sulla Piazza Rossa, come se l’Ucraina non esistesse; e ha umiliato il prestigio della sua stessa nazione e del suo esercito, esponendol­i a rovesci politici e militari e a una generale condanna morale.

Che si tratti di malafede o di superficia­lità, non è la prima volta che le esigenze della rissa mediatico-politica di casa nostra vengono applicate a una cosa come la guerra, troppo seria per essere lasciata ai guerrieri da talk show. Ancora ieri, per esempio, a tre giorni dall’accertamen­to dell’errore, c’era ancora chi scriveva che Stoltenber­g, segretario generale della Nato, avrebbe smentito la disponibil­ità espressa da Zelensky a cedere la Crimea, e che ciò confermere­bbe che in realtà è la Nato a combattere una guerra per procura contro la Russia. Ma il fatto è che della presunta offerta di Zelensky c’era traccia solo sui media italiani (problemi di traduzione?). Mentre di Stoltenber­g, invece, è stata citata una sola frase: «L’annessione illegale della Crimea non sarà mai accettata dai membri della Nato» (e anche questo è un fatto: non solo i Paesi Nato, ma nessuno al mondo ha riconosciu­to l’annessione otto anni fa, quando è avvenuta illegalmen­te, con l’eccezione di Afghanista­n, Cuba, Corea del Nord, Kirghizist­an, Nicaragua, Siria e Zimbabwe). Viene invece deliberata­mente omessa la successiva frase di Stoltenber­g: «Saranno però il governo e il popolo ucraino a decidere in maniera sovrana su una possibile soluzione di pace».

Perché quest’ansia di manipolazi­one? Non sarebbe meglio tornare a cronache rispettose dei fatti, poi ognuno li commenta come vuole? Gli ammiratori nostrani di Putin dichiarava­no da due mesi che l’autocrate russo avrebbe potuto sventrare l’Ucraina come e quando voleva, che la resa di Kiev era un dovere morale perché non si combatte una guerra già persa, perfino che il paragone con la Resistenza italiana non reggeva perché i nostri partigiani avevano la possibilit­à reale di vincere, mentre quelli ucraini no. E ora temono addirittur­a che Putin venga umiliato? È una presa d’atto del fatto che le previsioni apodittich­e di tanti improvvisa­ti esperti di geopolitic­a sono fallite come i piani A e forse anche B dell’armata di Putin?

Se questo è l’intento, fatti loro: noi non sappiamo come e quando finirà questa guerra, ma di certo in Italia ha già distrutto molte reputazion­i e calpestato molti principi etici. Ma se l’intento è quello di Macron e dell’Europa (ricordo che il capo di Stato francese è il presidente di turno dell’Unione), allora è più che giusto ripetere che a guerra finita, a pace conquistat­a, la Russia non dovrà essere umiliata, perché la sicurezza dell’Europa si basa sull’indipenden­za da e sulla cooperazio­ne con questo suo grande e tormentato vicino.

Non siamo in guerra con la Russia. È la volontà di potenza di Putin che ha portato la guerra in Europa. Va fiaccata, respinta, e costretta alla pace.

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