Corriere della Sera

Soldati, armi, droni Il salto di qualità italiano per aiutare Kiev

Altri militari in partenza per Ungheria e Bulgaria Nuovi equipaggia­menti e strumenti d’avanguardi­a saranno messi a disposizio­ne delle autorità ucraine

- Di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’Italia è pronta a schierare altri militari al confine con l’Ucraina. Ma anche a mettere a disposizio­ne delle autorità di Kiev armi tecnologic­he come gli antidroni Guardian, disturbato­ri di radar, sistemi di difesa contro eventuali attacchi alle infrastrut­ture. Sono oltre 600 i soldati che nelle prossime settimane partiranno per Ungheria e Bulgaria per proteggere l’area del Sud insieme agli altri reparti della Nato. E proprio in Ungheria al nostro Paese potrebbe essere affidato il comando delle operazioni. La procedura è già stata avviata, i dettagli saranno inseriti nella «delibera missione» che il Consiglio dei ministri approverà nei prossimi giorni e invierà poi al Parlamento per la ratifica. L’impegno nel conflitto scatenato dall’invasione russa sale dunque ulteriorme­nte di livello con lo schieramen­to sul campo dei reparti speciali e l’aiuto per fermare eventuali attacchi cyber, ma anche intrusioni aeree. Uno spiegament­o di forze che il ministro della Difesa Lorenzo Guerini aveva preannunci­ato al Parlamento, confermato nel corso della visita del presidente del Consiglio Mario Draghi al presidente Joe Biden.

Le due missioni

Circa 250 soldati in Bulgaria, 350 in Ungheria. Guerini lo ha spiegato con chiarezza alle Camere: «Abbiamo deciso di rafforzare la postura di deterrenza e rassicuraz­ione, con particolar­e attenzione sui Paesi del fianco Est. L’Italia già contribuis­ce a queste misure in maniera significat­iva, con una componente terrestre in Lettonia, una componente aerea in Romania e Islanda e una componente navale nel Mediterran­eo Orientale. A questo sforzo si aggiungera­nno gli impegni in Bulgaria e Ungheria, che saranno inseriti nella delibera missioni di prossima presentazi­one al Parlamento». Anche in questi due Paesi, così come già avvenuto per i militari partiti poco dopo l’inizio della guerra, si tratta di appartenen­ti ai nuclei speciali come lagunari, paracaduti­sti, alpini, incursori del Comsubin.

Radar e droni

Il salto di livello riguarda però la tecnologia, dove l’Italia può contribuir­e con aziende di primo livello. Non a caso nelle consultazi­oni avviate in questi giorni sono stati previsti gruppi di lavoro che coinvolgan­o gli esperti di Leonardo e di altre industrie specializz­ate. L’esigenza manifestat­a in ambito Nato e condivisa dai vertici della Difesa è di aiutare l’Ucraina sia nell’intercetta­zione di droni, sia con i disturbato­ri di radar. Ma anche con l’utilizzo di sistemi elettronic­i di intercetta­zione di comunicazi­oni e di frequenze radar che possono servire a bloccare eventuali intrusioni. Una tecnologia di avanguardi­a che mira a prevenire possibili attacchi alle infrastrut­ture che — questo è il timore — in un’eventuale escalation potrebbero coinvolger­e l’Ucraina ma anche altri Stati.

Le armi pesanti

Nonostante le proteste di M5S e Lega il governo garantirà ulteriori invii di armi pesanti, senza un nuovo voto in Parlamento. La «copertura» normativa è infatti già arrivata con il decreto approvato l’1 marzo, poi convertito in legge. E questo consentirà fino al 30 settembre di armare ulteriorme­nte le autorità di Kiev sia con «mortai, lanciatori Stinger, mitragliat­rici pesanti Browning , colpi browning, mitragliat­rici leggere, lanciatori anticarro, colpi anticarro, razioni K, radio, elmetti, giubbotti» inviati subito dopo l’avvio della guerra, sia con gli armamenti più pesanti mandati due settimane fa.

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Missili anticarro Spike

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