Corriere della Sera

Moldavia, la frontiera della paura

A Chisinau tra nuovi arrivi di profughi e spinte filo Putin. «Ma a nessuno interessa davvero una guerra qui»

- Dalla nostra inviata Irene Soave

CHISINAU (MOLDAVIA) «Un WhatsApp di mia cugina mi ha convinta. Siamo cresciute insieme a Odessa, ci sentivamo ogni giorno ora che lei vive a Mosca. Non ha mai creduto alla guerra. Vi inventate tutto, mi scriveva, siete pazzi. Le ho mandato la foto del palazzo bombardato vicino al mio: ha detto ve lo meritate, nazisti, ha ragione Putin. Mi ha fatto paura come le bombe». Così Viktoria, avvocata, ha fatto le valige, caricato in macchina il figlio tredicenne e si è messa in fuga. «Non abbiamo quasi niente. Giusto un pc per le lezioni a distanza». Dal 3 marzo vive e lavora a Chisinau, offrendo assistenza legale in una struttura di accoglienz­a allestita dall’Unhcr: la stessa visitata ieri dal segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha ringraziat­o la Moldavia per la «generosità» dell’accoglienz­a ai profughi.

Dei 5,6 milioni di rifugiati dall’Ucraina, 457 mila sono arrivati in Moldavia, poco meno di 3 milioni di abitanti; come se arrivasser­o in provincia di Milano, ma in più la Moldavia ha il Pil pro capite più basso d’Europa, 5-6 mila euro l’anno. Uno su quattro, circa, è restato: «Non voglio rifarmi una vita», sospira Viktoria, «e qui siamo dietro casa, e si parla russo». La lingua del nemico semplifica la vita a tutti.

A MoldExpo, la struttura gestita dall’Unhcr che ne alloggia 360, i profughi ricevono carte prepagate con 120 euro a testa: servono a evitare che per sopravvive­re finiscano vittime di abusi. «Il 90% di

questa migrazione è composto da donne e bambini», ci spiega Colleen Roberts, funzionari­a Unhcr esperta di violenza di genere. Molti moldavi ospitano rifugiati (dietro magro compenso, 180 euro una tantum). «Spesso l’offerta di un tetto diventa un ricatto». Ma l’accoglienz­a funziona: l’80% dei profughi non vive più in strutture d’emergenza. «Una risposta che mostra quanto il Paese condivida i valori europei», commenta il direttore generale per la migrazione della Farnesina Luigi Maria Vignali, in missione in Moldavia insieme all’Unhcr. Il ministero degli Esteri ha donato a Unhcr 10 milioni di euro per l’emergenza.

Le donne ucraine qui cercano quasi tutte lavoro. Alle pareti di MoldExpo è appeso qualche annuncio, in russo. «Cerchiamo cameriera, 500 euro al mese più alloggio e un pasto al giorno». Certo c’è poi il problema di come guardare i bambini, se si è sole: agli uomini in età militare è stato vietato l’espatrio. Al campo Unhcr di Palanca, al confine, 50 km da Odessa, passa un uomo sulla quarantina, raro come una pecora nera, scappato «coi documenti giusti, non mi chiedere», con il figlio per mano. «La gente non ci tratta bene, quando mi vede qui. Hanno i mariti al fronte. Che devo dire? Non me la sono sentita». Sparisce poi in un pullman per la Romania tra nonne e infanti, borse di pannolini, tablet, stecche di sigarette, trasportin­i con gatti terrorizza­ti (al campo di Palanca c’è un veterinari­o).

Ma quella del segretario generale delle Nazioni Unite, lunedì e ieri, non era solo una visita di ringraziam­ento, e si è conclusa con l’offerta di «pieno supporto all’indipenden­za e all’integrità territoria­le della Moldavia». Guterres è arrivato a Chisinau il 9 maggio, giorno della Vittoria in tutta l’ex Urss ora requisito dalla retorica di Mosca: è passato senza incidenti, ma in molti, nelle ambasciate e nei ministeri in silenzio stampa, ammettono off the record di aver trattenuto il fiato. Si temevano incidenti come quelli di fine aprile in Transnistr­ia, la regione separatist­a filorussa della Moldavia, dove continuano a verificars­i esplosioni misteriose (l’ultima all’alba dell’8 maggio, da un drone) ed è appena stato prorogato lo stato d’allerta.

Giorni fa il generale russo Rustam Minnekaev ha indicato proprio la Transnistr­ia come prossimo fronte dell’avanzata. E nella regione restano dalla guerra del 1992, duemila soldati di Mosca. Prima di Guterres, mercoledì, a Chisinau è arrivato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che ha promesso più aiuti militari al Paese.

«Qui, anche nel governo, c’è preoccupaz­ione per le dichiarazi­oni russe. E anche per qualche discorso da Kiev sull’opportunit­à di un attacco preventivo in Transnistr­ia. Ma nessuno ha interesse a una guerra in Moldavia». Così Claus Neukirch, capo della missione Osce che dal 1993 ha lo scopo di «facilitare una risoluzion­e del conflitto in Transnistr­ia».

Il 9 maggio, poi, non è successo niente. Nemmeno — finora — il «golpe bianco» paventato da alcuni osservator­i: rivolte di piazza, deposizion­e della presidente europeista Maia Sandu, suo rimpiazzo con un filorusso. Già nel 2009 fu la piazza a cacciare i comunisti dal governo. «Ma le forze in campo si sono comportate responsabi­lmente», sorride Neukirch. «Ciò fa ben sperare». Anche a Chisinau, dove quasi tutti hanno il passaporto rumeno, quindi europeo, ma altrettant­i parlano (e pensano) russo; e dove tutti giurano che quando il vento soffia da Est si sentano, forti, le bombe a Odessa.

Migrazione

Il 90%dei rifugiati sono donne e bambini: spesso l’offerta di un tetto diventa un ricatto

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In visita Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres in visita a Chisinau, Moldavia, al centro di accoglienz­a dei rifugiati ucraini (Afp)

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