Quella quota eccessiva di un milione La A contesta
«La soglia di un milione produce un effetto antidemocratico, fornendo un vantaggio competitivo a chi ha più risorse». Il presidente della Lega di A, Lorenzo Casini, non nasconde le proprie perplessità dopo l’approvazione dell’emendamento al Decreto Crescita del senatore Tommaso Nannicini. La modifica prevede l’applicabilità del bonus fiscale agli sportivi che entrano nel Paese a condizione che abbiano compiuto 20 anni e abbiano un reddito annuo di almeno un milione di euro. I club non hanno trattenuto fastidio e stupore per una decisione che certifica la sordità della politica ai bisogni del calcio. Soprattutto i presidenti sono rimasti sconcertati dalla posizione di Nannicini, dopo gli innumerevoli colloqui intercorsi: nell’ambiente è emersa una sensazione di inadeguatezza al ruolo. «Abbiamo lavorato con serietà e fornito tutti i dati su contratti depositati, compensi e uso del bonus fiscale» ha spiegato Casini. «A fronte di questi dati, la soglia di un milione era apparsa a tutti irragionevolmente alta, perché a vantaggio solo delle squadre con maggiori risorse». La Lega di A, d’accordo con il sottosegretario Valentina Vezzali, spingeva per l’abbassamento della soglia di applicazione alla cifra di 500 mila euro. Come ha illustrato il presidente di Lega, «i dati evidenziano, su un totale di 548 tesserati (senza contare i Primavera) che la media compensi è di circa 750 mila euro lordi annui e ben 14 squadre hanno una media compensi inferiore a 750 mila». Stucchevole la spiegazione fornita dai politici per cui con la nuova norma si limita l’applicazione dei bonus ai fuoriclasse. «Con la soglia di un milione l’unico effetto certo è che si favoriscono solo alcune squadre, a danno della competitività del campionato».