Giro, si firma il patto del vulcano tappa a Kämna, maglia a Lopez
La fuga sull’Etna porta il tedesco al successo e lo spagnolo in rosa, allievo di Contador
ETNA Un tedesco e uno spagnolo confabulano a tre chilometri dalla bocca del vulcano. Il tedesco è Lennard Kämna, 25 anni, passista scalatore della Bora con un passato junior da ottimo cronoman, una tappa vinta al Tour 2020; lo spagnolo è Juan Pedro Lopez Perez, 24 anni, cresciuto alla scuola di Alberto Contador, ultrà del Betis Siviglia in forza alla Trek. Sono i due evasi dal gruppo, sopravvissuti a una mega fuga collettiva (Eolo unica squadra italiana riuscita ad infilarcisi) e alla grande bellezza di uno scenario unico: la neve in vetta, la lava spettatrice silenziosa, roba che il Tour si sogna.
È in quel momento, con la maglia rosa Van der Poel rinunciataria dentro il capotto Alpecin (fa freddo, quassù), l’uomo da classifica Miguel Angel Lopez costretto al ritiro per un dolore muscolare alla gamba sinistra (Nibali promosso sul campo capitano dell’Astana) e Tom Dumoulin triste, solitario y final (com’è quel vecchio detto? Oggi non scopriamo chi vince ma capiamo chi non vince), che Kämna e Lopez Perez stringono il patto dell’Etna: tiriamo insieme senza staccarci, dice l’andaluso, la maglia a me, la tappa a te e amici come prima. Dall’accordo, rispettato, nasce la classifica rivoluzionata del Giro che oggi torna al livello del mare, regala una doverosa passerella a Nibali (ieri staccato dal vincitore di 4’52”) nella sua Messina, traghetta in continente e poi chissà.
Il giovane padrone ha gli occhi lucidi, il naso cotto dal sole, è incredulo e felice come un bambino al cospetto del suo idolo: «Non conoscevo né il vulcano né la salita, sono stato guidato bene dal mio direttore sportivo, quando ho tagliato il traguardo e mi hanno confermato che ero il nuovo leader non ci ho creduto». Ha pianto, Lopez Perez, dentro quella casacca più grande di lui: è venuto al suo primo Giro per fare il gregario di Ciccone (il capitano Trek ieri ha tenuto), si ritrova protagonista di un romanzo che mai avrebbe creduto di poter scrivere. Ha rischiato di andare dritto all’ultima curva, mal calibrata anche da Kämna, ma il sogno era dietro l’angolo. È il primo spagnolo in rosa dopo Contador, quando il Pistolero spianava l’Etna nel 2011 (successo revocato per la squalifica retroattiva per il caso salbutamolo) Juan Pedro aveva 13 anni: «Non mi ricordo niente, a quei tempi nemmeno guardavo le corse alla tv: al ciclismo sono arrivato tardi».
Il Giro scende dal vulcano con molti dubbi ma qualche certezza in più. Il più vispo tra gli uomini da classifica, nonostante una caduta che ha fatto temere il peggio, sembra Simon Yates, brillante nella crono di Budapest e saggiamente conservativo ieri in una tappa che ha scosso l’albero rosa, facendo sfracellare a terra le prime mele. Almedida e Bardet si nascondono, Carapaz è un mistero: ha messo la Ineos a tirare però poi si è camuffato in pancia al gruppo degli inseguitori, non è chiaro se per obbedire alla strategia dello squadrone inglese o perché (ancora) meno in forma di come ce l’hanno raccontato.
L’Etna premia la fuga di giornata offrendo a Lennard Kämna uno sfondo da cartolina per le foto del vincitore. Vuelta Andalucia, Tour of the Alps, Giro: la crescita progressiva del ragazzo della Bassa Sassonia che al Tour fu capace di battere Carapaz autorizza a credere in altri successi di tappa. «Non corro per la classifica — conferma —, il mio obiettivo è restare con il gruppetto dei migliori il più a lungo possibile». L’anno scorso si è preso una pausa dal ciclismo: «Una stagione di stop mi ha rigenerato, ora mi diverto di nuovo». La solita vecchia storia. Il potere logora chi non pedala.