Stallo Ue sulle nuove sanzioni Lo stop a Est non ferma il gas
A Tarvisio flussi ridotti del 30% per l’interruzione della rete in Donbass, ma il calo è stato interamente compensato Commissione Ambiente Ue: diesel e benzina al bando dal 2035
BRUXELLES/ROMA Meno 30 per cento di gas ieri dal Tarvisio, il punto di ingresso in Friuli da dove arriva in Italia il metano russo. Mentre la guerra porta a una riduzione delle forniture, l’Ue non riesce a trovare l’accordo sull’embargo sul petrolio russo, che rappresenta il cuore del sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina, annunciato ormai una settimana fa a Strasburgo dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. L’Ungheria continua a opporsi e il negoziato è in stallo. A livello di ambasciatori la matassa non può più essere sbrogliata e il rischio ora è che il dossier passi al consiglio Affari esteri di lunedì prossimo.
La riduzione dei flussi è stata determinata dal gestore della rete ucraino che ha interrotto il trasporto di gas russo attraverso la rotta Sokhranivka che passa per le regioni separatiste del Donbass a causa dell’interferenza delle «forze di occupazione». Nonostante sia la prima volta che la guerra inneschi un impatto sulla fornitura di gas naturale per l’Italia, ieri l’esito non è stato così problematico perché la rete europea ha agito in veste di compensazione. Riferiscono fonti industriali che la domanda è stata soddisfatta (per circa 145 milioni di metri cubi, necessari soprattutto per alimentare le centrali termoelettriche). Tanto che circa 100 milioni di metri cubi (di cui 9 milioni di autoproduzione nazionale) sono finiti negli stoccaggi per alimentare le nostre riserve in vista del prossimo inverno. I flussi sono stati persino superiori ad alcuni giorni di aprile quando era arrivato meno gas per una scelta commerciale degli operatori. Fonti registrano che è entrata una maggiore quantità di metano da un altro punto di ingresso, passo Gries, al confine con la Svizzera.
L’Ue intanto è ancora ferma sul petrolio. A Bruxelles resiste un cauto ottimismo, martedì il ministro francese per gli Affari europei Clément Beaune aveva detto di aspettarsi una decisione in settimana, ma sta anche aumentando il nervosismo tra gli Stati Ue nei confronti dell’Ungheria di Viktor Orbán, che prima ha aperto a compensazioni finanziarie e a una deroga temporale all’embargo per dare il via libera al sesto pacchetto di sanzioni, mentre ieri ha alzato il prezzo tramite il ministro degli Esteri Peter Szijjarto che ha spiegato che «la sola possibilità è che si escluda il trasporto tramite pipeline». C’è la consapevolezza a Bruxelles che Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca non hanno sbocco al mare e dunque per loro la dipendenza dagli oleodotti e dal petrolio russo è totale. Per questo erano state ipotizzate deroghe per l’inizio dell’embargo e garanzie (fondi per trasformare le raffinerie e forniture alternative in caso di emergenza). Ma ora Orbán sta alzando la posta e l’immagine finale è di una Ue debole.
Ieri la commissione Ambiente del Parlamento Ue ha dato il via libera, con una ristretta maggioranza, allo stop alla vendita di auto e furgoni con motore a carburanti fossili (benzina, diesel e gpl) dal 2035. È la prima tappa. Il testo andrà in plenaria a giugno e, se passerà, sarà la posizione negoziale del Parlamento con il Consiglio sulle norme del pacchetto Fit for 55 presentate dalla Commissione Ue.