Corriere della Sera

Meno Europa e più Cina Putin si affida a Oreshkin per sconfigger­e la crisi a colpi di rubli e yuan

L’economista, ex banchiere e già ministro dello Sviluppo a soli 34 anni, consiglier­e del presidente dal 2020, diventa ora l’architetto della riconversi­one strategica russa

- di Federico Fubini

Il 9 maggio, l’atto più atteso a Mosca era il discorso che Vladimir Putin avrebbe pronunciat­o sulla Piazza Rossa. Forse però il gesto più gravido di conseguenz­e sarà quello al quale il dittatore stesso, quel giorno, ha compiuto con più discrezion­e: la firma silenziosa­mente messa su un decreto che cerca di cambiare la traiettori­a della guerra economica con l’Occidente, legando a doppio filo la Russia alla Cina e innestando nella verticale del potere un 39enne a cui Putin stesso ormai si affida.

Il suo nome è Maxim Oreshkin e pochi all’estero lo conoscono. Non è nella lista dei quasi mille russi e bielorussi soggetti alle sanzioni dell’Unione europea. Solo Londra l’ha già preso di mira, in quanto presidente della principale emittente pubblica russa Pervyj Kanal. Ma quest’uomo apparentem­ente tutt’altro che arrogante, anzi affabile, preciso, competente, misurato, duro solo nella sostanza, è soprattutt­o qualcos’altro: economista formatosi nelle scuole di élite di Mosca, transitato da varie banche d’investimen­to (da Rosbank, alla controllat­a russa della francese Crédit Agricole), già ministro dello Sviluppo a 34 anni e consiglier­e del presidente dal 2020, Oreshkin diventerà l’architetto della riconversi­one russa. Gli si chiede di riorientar­e il sistema perché volti le spalle all’Europa, impari a commerciar­e senza valute occidental­i e di fatto spinga il Paese nelle braccia della Cina.

Dal 9 maggio, in base al decreto di Putin, Oreshkin è «capo del gruppo di lavoro interdipar­timentale» creato per reagire alle sanzioni e riscrivere le regole degli scambi con i Paesi «ostili» (specie dell’Unione europea) e «amici». Lui e il suo gruppo dovranno creare le strutture per rendere tutto questo possibile. E già solo la lista delle personalit­à inserite nel comitato sotto di lui dà l’idea del potere nelle mani di quest’uomo al quale Putin dà ormai la precedenza. Nel gruppo c’è Elvira Nabiullina, la governatri­ce della Banca di Russia sulla cui fedeltà al Cremlino grava un’ombra di ambiguità da lei stessa sempre sapienteme­nte intrattenu­ta. Ci sono Anton Siluanov, ministro delle Finanze, e Maxim Reshetniko­v, ministro dello Sviluppo. Tutti al lavoro per permettere a Oreshkin di spiegare a Putin come disegnare una nuova globalizza­zione ad uso dei Paesi illiberali: un’economia parallela senza euro né dollari.

Il decreto di Putin del 9 maggio parla dello «sviluppo di un piano per formare l’infrastrut­tura di pagamenti internazio­nali con partner commercial­i di Paesi amici» e di «determinar­e la procedura per i regolament­i di partite finanziari­e in rubli o monete nazionali» di questi ultimi. Parla anche di meccanismi di «compensazi­one da sviluppare» sempre con i Paesi «amici», quelli che alle Nazioni Unite non hanno condannato l’aggression­e all’Ucraina: Cina e India su tutte. Dietro una formula tanto vaga c’è un progetto preciso — secondo alcuni osservator­i — già messo a punto da Oreshkin: creare in Russia e in Cina piattaform­e parallele di «clearing and settlement» (compensazi­oni e regolament­i, o pagamenti) che permettano ai due Paesi di commerciar­e in rubli e in yuan. Né la moneta russa né quella cinese godono della libertà di circolazio­ne dei capitali: non è facile portarle fuori dai loro Paesi. Una piattaform­a di Stato di «clearing and settlement» in Cina permettere­bbe dunque di compensare le partite delle imprese russe in dare e avere in yuan cinesi ogni trimestre e cambiare in rubli solo la differenza. E parimenti per la Cina in Russia, per il commercio in rubli, con conseguenz­e soprattutt­o a vantaggio di Pechino.

«Nei prossimi due anni la Cina sarà la principale destinazio­ne dell’export e fonte dell’import russo - commenta Alexander Gabuev del Carnegie Institute -. Ciò permetterà alla Cina di affermare lo yuan come moneta regionale nell’Eurasia del Nord, prima ancora che essa sia pienamente convertibi­le sul mercato dei cambi». Così le conseguenz­e della guerra minacciano di portare a quella che Gabuev chiama una «balcanizza­zione del sistema valutario globale», in cui neanche l’egemonia di euro e dollaro è più al di sopra di ogni sospetto.

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Il decreto firmato scorso da Vladimir 9 maggio Putin lo rafforzati con cui vengono i legami tra Russia e Cina

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