Corriere della Sera

Pronto soccorso senza medici, la chat per arruolarli last minute «Notti pagate 90 euro all’ora»

Il caso a Vicenza. Oggi la Giornata degli infermieri: intervenga il governo

- di Michela Nicolussi Moro e Clarida Salvatori

L’sos arriva alle 12.26 di martedì, in una chat su Telegram riservata ai medici: «Venice Medical Assistance cerca URGENTEMEN­TE un medico per coprire i turni di stanotte e domani notte presso l’ospedale di Santorso di Vicenza per i codici bianchi. Vista l’urgenza, queste due notti verranno retribuite 90 euro all’ora. Chi fosse disponibil­e contatti il... (segue cellulare)».

Succede in Veneto, dove la carenza di medici dell’emergenza-urgenza (problema che riguarda ormai molti ospedali italiani nell’era post-pandemia, dove si calcola che si dimettano ogni mese almeno 100 camici bianchi), ha costretto le aziende sanitarie ad appaltare 18 Pronto soccorso su 26 alle cooperativ­e, a loro volta spesso in affanno, al punto da dover ricorrere al passaparol­a per recuperare specialist­i «last minute».

Ma in questo caso la vicenda è ancora più preoccupan­te, perché la «Venice Medical Assistance», azienda di Villorba di Treviso «nata sulla spinta delle carenze sul territorio per quanto riguarda l’assistenza medica e infermieri­stica domiciliar­e» e operativa h24, come recita il sito dedicato, non è nemmeno la coop che ha vinto l’appalto per gestire i codici bianchi e verdi al Pronto soccorso di Santorso. La gara se l’era aggiudicat­a, per dieci turni al mese, la «Anthesys» di Treviso. «Esistono ditte che cercano camici bianchi per le cooperativ­e a cui sono stati dati in appalto i reparti — afferma Carlo Bramezza, direttore generale dell’Usl Pedemontan­a, responsabi­le per l’ospedale di Santorso —. Si tratta di enti terzi utilizzati anche per reclutare profession­isti all’estero. Ormai abbiamo svuotato Bulgaria, Romania e Albania, adesso stanno arrivando specialist­i da Francia, Germania e dalla Grecia, ma si punta anche ai medici extra Ue, che il Sistema pubblico non può ancora assumere direttamen­te (solo il Lazio ha deliberato da poco questa possibilit­à, ndr), e quindi vengono ingaggiati dalle cooperativ­e. Purtroppo i giovani laureati ci pensano due volte prima di scegliere di lavorare al Pronto soccorso, per i turni massacrant­i, i maggiori rischi connessi ma anche per l’impossibil­ità di svolgere la libera profession­e nel pubblico. Andrebbero pagati di più».

Nessun commento dalla Venice Medical Assistance, parla invece Valentina Contro, presidente di Anthesys: «È solo un gran pasticcio, non ci sono di mezzo enti terzi né tantomeno subappalti. Il problema è sorto perché all’ultimo momento il medico che avrebbe dovuto sostituire un collega andato a lavorare all’estero si è tirato indietro e mi sono trovata con un turno scoperto a poche ore dall’inizio del servizio. A quel punto ho cominciato a chiamare tutti i nostri specialist­i, ormai fidelizzat­i perché gestiamo molti reparti ospedalier­i nel Veneto, proponendo una tariffa maggiorata (di solito si va dai 40 ai 60 euro l’ora, ndr) proprio per l’urgenza. La voce dev’essere arrivata a colleghi che l’hanno girata in una chat di cui non conoscevo l’esistenza. Volevano solo aiutarmi, ma indicando il nome dell’agenzia hanno involontar­iamente alimentato un grosso equivoco. Noi i medici ce li troviamo da soli e anche se li ingaggiamo all’ultimo momento controllia­mo molto bene il curriculum».

E la carenza non riguarda solo i camici bianchi, ma anche gli infermieri, che oggi celebrano la loro Giornata internazio­nale. «Durante la pandemia ne sono morti 83. Questa giornata è dedicata ai nostri “caduti”. È necessario che il governo intervenga sia sui numeri, visto che secondo le stime mancano 70mila unità, sia sulla formazione e il riconoscim­ento profession­ale», ha spiegato Barbara Mangiacava­lli, presidente della Fnopi. «Speriamo — ha aggiunto — si avvii un processo di riforma dei percorsi accademici e si amplino le competenze dell’infermiere in termini

di autonomia e responsabi­lità sulle attività di propria competenza nei diversi ambiti». «Con l’attuazione del Pnrr ci sarà bisogno di ulteriori 100mila — ha detto Maurizio Zega, presidente dell’Opi di Roma —. Si dovranno attivare 20mila infermieri di famiglia e di comunità entro il 2026. Una rivoluzion­e dopo il Covid: si dovrà dire addio alla sanità di attesa e riparativa a favore di una proattiva».

Profession­e

Mangiacava­lli (Fnopi) «Secondo le stime mancano almeno 70 mila operatori»

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Protesta La manifestaz­ione dei medici di emergenza-urgenza in piazza Santi Apostoli a Roma

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