LO SPIRITO DEL MARE
Il Giro d’Italia attraversa la Calabria Sulla Costa Viola, tra mistica e colori, inseguendo con gli occhi la Riviera dei Cedri
Quando vedevo comparire il nome scintillante di Diamante, capivo che eravamo a buon punto. Seduta sul sedile posteriore dell’Alfetta lanciata verso Sud, cercavo di anticipare, tutti quei nomi leggendari che mi avvicinavano alla libertà, al mio mare, così lontano dalle nebbie esistenziali di Torino, nostro punto di partenza. Acquappesa, che immaginavo limpida, stesa con le mollette ad asciugare; Longobardi, che vedevo proprio schierati a cavallo, con le lunghe barbe, a salutare il nostro passaggio; Amantea, per me principessa araba che dall’alto del paese guardava il mare; Fiumefreddo, di cui intravedevo gli affreschi di donne e cavalieri nel castello diroccato; Pizzo, che immaginavo bianco, schiuma sulle onde blu; Gioia Tauro, il cui nome si allargava sulla piana immensa tra gli ulivi secolari; Palmi, che mi figuravo aperti, quelli delle mani, a offrire quella visione di infinito, di isole e vulcani. Ed è da quest’ultima che, a risalire, partirà la sesta la tappa del Giro, percorrendo un litorale che a Palmi si chiama Costa Viola, tra Pizzo Calabro e Nicotera Costa degli Dei, e infine Riviera dei Cedri, con i ventidue comuni, tra Tortora e Sangineto, a ricordare che qui si coltiva il frutto sacro e che i rabbini di tutto il mondo vengono a sceglierli per il Sukkoth, la Festa delle Capanne.
A Palmi sventola la bandiera del via. Partenza che immaginiamo dare anche al nostro sguardo, prima di tuffarlo dall’alto del monte Sant’Elia, o dalla Villa Comunale. Da qui, mi ricorda Patrizia Nardi, esperta in candidature Unesco, si hanno sott’occhio ben tre patrimoni: Etna, Eolie e, nel giorno della festa, la Varia.
Patrimonio dell’Umanità dal 2013, insieme alle altre Macchine della Rete, la Varia di Palmi è una nuvola bianca da duecento quintali che arriva al quarto piano delle case, trascinata dagli ‘mbuttaturi, con astri rotanti e decine di apostoli, angeli, un Padre Eterno, e «l’animella», una bambina che, sventolando a sedici metri d’altezza, rappresenta l’Assunta in cielo. Una strabiliante metafora dell’impresa impossibile per la comunità che rinsalda così i suoi legami, specchio di una spiritualità potente che, da tempi antichissimi, si nutre di ciò che si vede e allarga il suo orizzonte magico religioso su tutto il territorio. A salire, nel castello Normanno Svevo di Vibo Valentia, il Museo archeologico nazionale, stracolmo di doni a Persefone, custodisce l’inestimabile «laminetta» in foglia d’oro, risalente al IV secolo e ritrovata al collo di una defunta: incise sulla materia immortale del sole le istruzioni per il viaggio nell’aldilà. Da questo litorale, da Pizzo e Vibo, si levavano i mitici canti della tonnara, registrati da Alan Lomax e Diego Carpitella nel ’54. A Bivona, la tonnara ottocentesca attende da molti anni di diventare museo, per custodirne la memoria, le credenze religiose, i riti, come sottolinea Antonio Montesano, artista costantemente impegnato nella vicenda, gustando con me il tradizionale tartufo sulla terrazza di Pizzo.
Risalendo verso nord, c’è Nocera Tirinese con la sua tensione mistica e il mistero del sangue e del vino versato dai vattienti, e Paola, col suo santo eremita, Francesco. Taumaturgo, protegge le genti del mare e i migranti, la sua processione entra nella stazione dalla quale molti partirono, nel santuario, la bomba lanciata da un caccia nel 1945, inesplosa, è testimonianza di fede.
Il sole tramonta dietro la Torre di Talao sulla spiaggia di Scalea, le sue grotte hanno accolto esseri umani fin dal paleolitico. Greci, Bizantini, Longobardi, Normanni e Aragonesi sono stati qui, sulla Costa dei Cedri. Secondo la tradizione, fu Dio in persona ad indicare il frutto, settanta volte citato nella Bibbia, a Mosè. Il citrus medica della pregiata varietà calabrese è proprio ora in piena fioritura: stimolando il più spirituale dei sensi, ha proprietà medicamentose, balsamiche, contrasta gli stati d’ansia, favorisce l’autostima e la meditazione, perfetto per chi oggi passa di qui, respirando forte, anche in volata su due ruote.
Nel museo del castello Normanno Svevo di Vibo Valentia c’è una laminetta in foglia d’oro, risalente al IV secolo e ritrovata al collo di una defunta: vi sono incise le istruzioni per il viaggio nell’aldilà