Corriere della Sera

Addio allo storico Paul Ginsborg Un inglese che raccontò l’Italia

- di Marcello Flores

Èdifficile ricordare uno storico importante e originale come Paul Ginsborg, scomparso all’età di 76 anni, che è anche stato un carissimo amico per cinquant’anni. Quando abitavamo a Roma nei primi anni Settanta raccontava compiaciut­o l’inizio della sua avventura in Italia. Aveva ottenuto una borsa di studio pagata dalla Unilever e prima di partire il presidente della multinazio­nale aveva chiesto a tutti cosa andassero a fare con i soldi offerti dall’azienda: alla sua risposta «vado a studiare Daniele Manin e la rivoluzion­e di Venezia del 1848» aveva commentato: «Siamo così pazzi da sovvenzion­are queste ricerche?».

Il suo studio su Manin (pubblicato nel 1979 e tradotto prima in italiano nel 1978) rivelò alla storiograf­ia un giovane grande talento che si andava ad aggiungere agli storici inglesi che si erano occupati dell’Italia. Scrivendo con «raffinatez­za ed eleganza», come ebbe a dire il «Times Literary Supplement», Ginsborg aveva raccontato, con ricchezza di documentaz­ione archivisti­ca ma anche con empatia per i patrioti italiani, l’ultima vicenda rivoluzion­aria nella penisola che si era dovuta arrendere alla vittoria della reazione.

La sua grande opera di storico, tuttavia, è stata senza dubbio la Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, che avrebbe dovuto terminare negli anni Settanta e venne invece pubblicata nel 1989, riuscendo così a includere nel racconto gli interi anni Ottanta. Il libro divenne subito un classico, quello su cui si è formata la maggior parte degli studenti dagli anni Novanta in poi.

La grande capacità di Ginsborg fu quella di intrecciar­e i la storia sociale, poco frequentat­a in Italia, con quella politica; e di rendere effettivam­ente il popolo protagonis­ta. Il racconto del decennio successivo alla Liberazion­e, con le battaglie del lavoro nelle campagne e nelle fabbriche, degli anni Sessanta con i giovani operai meridional­i trapiantat­i al Nord e il protagonis­mo degli studenti, con i movimenti per la democrazia negli anni Settanta, tra cui enfatizzav­a con forza quello delle donne, faceva da controcant­o alle vicende dei partiti, alla debolezza e al fallimento dello Stato nel compiere riforme radicali e risolutive. Influenzat­o dal pensiero di Gramsci, utilizzato senza il riduzionis­mo ideologico dei comunisti italiani — verso cui mostrò sempre rispetto per le loro battaglie, ma anche un forte atteggiame­nto critico — vedeva nell’incapacità delle classi dirigenti di conquistar­e un duraturo e convinto appoggio di massa il motivo prevalente della debolezza dell’Italia e del suo sviluppo, sociale e politico, anche all’indomani di avere raggiunto, nel 1987, il posto di quinta potenza industrial­e del mondo.

Una decina di anni dopo Ginsborg scrisse L’Italia del tempo presente, dove i protagonis­ti degli anni Ottanta e Novanta erano insieme la famiglia, la società civile e lo Stato, identifica­ndo proprio nella famiglia — vista come istituto di intermedia­zione tra l’individuo e lo stato — una caratteris­tica originale della realtà italiana, troppo a lungo ignorata dagli storici anche se presente negli studi di sociologi e antropolog­i. La crisi della Repubblica dei partiti, gli anni della fine del terrorismo e dell’emergere del craxismo, della slavina antipoliti­ca che seguì all’inchiesta di Mani pulite e alla vittoria elettorale di Berlusconi, sono filtrati cercando di cogliere le continuità e le trasformaz­ioni della società italiana, con una rara capacità di analisi e una scrittura sempre brillante, chiara e avvincente.

Sulla famiglia Ginsborg decise di continuare a studiare, ampliando lo sguardo all’Europa e oltre e facendone il perno per una rilettura estremamen­te originale e affascinan­te della prima metà del secolo. Il risultato fu un altro grande libro che rimarrà nella storiograf­ia: Famiglia Novecento, in cui la storia della famiglia e le idee su di essa della prima metà del secolo vengono analizzate nella Russia zarista e sovietica e nella Germania di Weimar e del nazismo, nell’Impero ottomano e nella Turchia kemalista e nel fascismo e nella Repubblica italiana.

Mentre si manifestav­a come uno degli storici più attenti, preparati e innovativi, Ginsborg, che aveva abbandonat­o l’insegnamen­to a Cambridge per venire in Italia (dove dal 1992 fino alla pensione insegnò all’Università di Firenze), partecipò attivament­e alla vita politica italiana, diventando protagonis­ta di quei movimenti di sinistra alternativ­a, a cominciare dai Girotondi, che sperava avrebbero potuto rivitalizz­are la democrazia.

Esordio

Aveva pubblicato negli anni Settanta un libro su Manin e la rivoluzion­e veneziana del 1848-49

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La collezione di pubblicità tridimensi­onali di Riccardo di Bari (LaPresse)

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