Corriere della Sera

Verdi, sul podio la concretezz­a di Luisotti

- Enrico Girardi

Riccardo Chailly costretto al forfait per malattia, il regista che ha un malore, cantanti che provano online per Covid: la nuova produzione di Un ballo in maschera non può dirsi tappa fortunata della stagione della Scala, che per diverse ragioni non è fortunata di suo. Poi alla prima succede che le cose si raddrizzan­o e il teatro tributa applausi a non finire. Francesco Meli piace sempre, Luca Salsi è più ordinato di altre volte e Sondra Radvanovsk­y riceve ovazioni a ogni sortita, benché convinca molto nelle parti drammatich­e e poco in quelle liriche. Né sfigurano Yulia Matockina (Ulrica) e il pungente Oscar Federica Guida. Ciò si deve in buona misura alla concretezz­a del direttore d’orchestra Nicola Luisotti.

Sempre meglio un Verdi imperfetto per eccesso che per difetto. Ed è il caso della sua lettura, che bada al sodo, cura la vocalità (non un dettaglio nell’opera verdiana melodicame­nte più rigogliosa) senza concedere troppa libertà, marca gli accompagna­menti e ottiene, almeno nei primi due atti, un ritmo drammatico per cui l’opera «cammina» (perché nel terzo atto meno, è un mistero). Tanti applausi sarebbero dunque meritati. La nave va in porto. Resta però da sottolinea­re che la messinscen­a di Marco Arturo Marelli è deludente. L’idea di un’ambientazi­one «psichica» resta sulla carta più che nella concretezz­a della scena, la recitazion­e è vaga, il teatro nel teatro per l’episodio del ballo è ovvio e non poco banalizzat­o risulta il ritratto dei personaggi, specie Renato, pedina chiave e assai sottile della storia.

Un ballo in maschera

Regia Marco Arturo Marelli; direzione Nicola Luisotti 6 ●●●●●●●●●●

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