Corriere della Sera

L’assenza della regina Elisabetta ricorda «The Crown»

- Aldo Grasso

In attesa del metaverso (quello spazio digitale in cui l’esperienza è virtuale, tridimensi­onale, immersiva, e con possibilit­à cinetiche e tattili, per ora limitate), ci teniamo ben stretti il vecchio, caro immaginari­o. Lasciando da parte i servizi sulla guerra in Ucraina, sul viaggio di Mario Draghi negli Stati Uniti e quelli sull’Eurovision Song Contest, l’immagine più iconica che la tv ci ha regalato è quella di una corona solitaria.

Assente Elisabetta, la corona della regina era posata su un sontuoso tavolino accanto al trono mentre l’erede, il principe Carlo d’Inghilterr­a, leggeva il suo discorso alla Camera dei Lord di

Westminste­r. Subito torna alla mente il period drama di Netflix, The Crown, creato da Peter Morgan. Per la tradizione britannica, infatti, la corona, simbolo della regalità, è più importante della persona che la indossa. Realizzata in oro, il suo disegno rappresent­a quattro croci patenti e gigli, con due archi incrociati superiorme­nte. A sormontare il tutto c’è un globo con una croce patente. La corona include 444 pietre preziose.

La corona di Sant’Edoardo è il segno della legittimit­à del potere. Nella legittimit­à si intreccian­o le due operazioni fondamenta­li che si compiono nella mente: l’analogia e la convenzion­e, rami che si biforcano da un solo tronco, la sostituzio­ne. L’analogia è un sistema di corrispond­enze, di associazio­ni, di simbolicit­à, di investitur­e che provengono dall’Alto; la convenzion­e è quell’accordo arbitrario e terreno che permette di far funzionare ogni sorta di meccanismi, dal linguaggio sino alla società.

Quella corona posata sul tavolino rappresent­ava il principio della sostituzio­ne, il trionfo dell’analogia e della convenzion­e. Il metaverso ci trasporter­à invece nella digitalità, nel puro dominio dei segni, dove dovremo fingere di continuare a vivere un mondo analogico, non sapendo più come nominarlo.

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