Corriere della Sera

Dilettanti ai comandi

- Di Massimo Gramellini

Se il pilota dell’aereo su cui vi siete improvvida­mente imbarcati avesse la pessima idea di svenire ad alta quota e voi foste l’unico passeggero a bordo e non sapeste distinguer­e una cloche da una fetta di melone, che cosa fareste? È la scomoda situazione in cui è venuto a trovarsi un tizio in viaggio di dispiacere tra le Bahamas e la Florida. Insisto: che cosa avreste combinato, al posto suo? Pregare tanto, anche se atei, sembra l’ipotesi più realistica. Perché buttarsi col paracadute, condannand­o il pilota svenuto a morte certa, sarebbe una bassezza da cattivo dei film di James Bond, e comunque è assai probabile che, così come non sapete guidare un aereo, non sappiate nemmeno usare il paracadute. Il passeggero in questione ha invece scelto una soluzione sempliciss­ima, per quanto miracolosa, considerat­e le circostanz­e: ha mantenuto la calma, senza compianger­si né inveire contro il destino. E ha provato a fare qualcosa che non sapeva fare. Pilotare lui l’aereo.

Fin qui non rilevo particolar­i differenze con certi ministri sovranisti che si sono ritrovati nella sala dei bottoni senza avere esperienza neanche delle asole, e neppure con certi leader mondiali incautamen­te seduti sopra un’atomica. Ma una differenza esiste ed è l’umiltà. Il passeggero ha pensato: uno non vale uno, meno che mai a ottomila metri. E ha chiamato la torre di controllo, seguendo le istruzioni o interpreta­ndole come meglio poteva. Così è atterrato sano e salvo. Speriamo anche noi.

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