Dilettanti ai comandi
Se il pilota dell’aereo su cui vi siete improvvidamente imbarcati avesse la pessima idea di svenire ad alta quota e voi foste l’unico passeggero a bordo e non sapeste distinguere una cloche da una fetta di melone, che cosa fareste? È la scomoda situazione in cui è venuto a trovarsi un tizio in viaggio di dispiacere tra le Bahamas e la Florida. Insisto: che cosa avreste combinato, al posto suo? Pregare tanto, anche se atei, sembra l’ipotesi più realistica. Perché buttarsi col paracadute, condannando il pilota svenuto a morte certa, sarebbe una bassezza da cattivo dei film di James Bond, e comunque è assai probabile che, così come non sapete guidare un aereo, non sappiate nemmeno usare il paracadute. Il passeggero in questione ha invece scelto una soluzione semplicissima, per quanto miracolosa, considerate le circostanze: ha mantenuto la calma, senza compiangersi né inveire contro il destino. E ha provato a fare qualcosa che non sapeva fare. Pilotare lui l’aereo.
Fin qui non rilevo particolari differenze con certi ministri sovranisti che si sono ritrovati nella sala dei bottoni senza avere esperienza neanche delle asole, e neppure con certi leader mondiali incautamente seduti sopra un’atomica. Ma una differenza esiste ed è l’umiltà. Il passeggero ha pensato: uno non vale uno, meno che mai a ottomila metri. E ha chiamato la torre di controllo, seguendo le istruzioni o interpretandole come meglio poteva. Così è atterrato sano e salvo. Speriamo anche noi.