Scontro tra le donne Pd La coordinatrice locale costretta alle dimissioni
Aveva difeso le penne nere. L’ira di Letta
ROMA Il caso delle molestie all’adunata degli alpini a Rimini fa litigare le donne del Pd. Tutto ha inizio il 10 maggio con un comunicato delle dem della città romagnola che prende le distanze dalle reazioni di sdegno suscitate dalle denunce di tante ragazze sui social: «Intendiamo dissociarci dai toni accusatori, tesi a incrementare un clima di polemica generalista e qualunquista, che getta un inaccettabile discredito verso un Corpo dal valore riconosciuto».
La nota prosegue poi con un’implicita critica alle donne che hanno aperto il caso: «I social hanno innumerevoli pregi ma sono troppo spesso veicolo di informazioni approssimative e fuorvianti. Rivolgersi alle autorità è l’unico strumento valido». La cosa passa quasi inosservata a livello nazionale. Ma non in Emilia-Romagna dove qualche esponente dem chiede alla coordinatrice delle donne pd di Rimini Sonia Alvisi di rettificare il tiro. Va bene che quel raduno ha rimpinguato le casse del Comune, ma quando è troppo è troppo, le viene fatto notare da alcune compagne di partito, come Emma Petitti, presidente dell’Assemblea legislativa della Regione, riminese pure lei.
Che fa allora Alvisi, che è anche consigliera per le Pari opportunità dell’Emilia-Romagna? Rilascia un’intervista alla Stampa in cui racconta di essere stata all’adunata e di non aver visto niente di strano: «Non hanno offeso nessuno». Dopodiché riferisce i sospetti degli alpini: «Loro parlano di infiltrati». Una figura che non manca quasi mai di essere evocata in ogni manifestazione in cui accadono violenze o incidenti.
Non paga, Alvisi spiega pure che comunque chi non denuncia subito alle autorità certi fatti «diventa meno credibile». Insomma, come si suol dire, la toppa è peggio del buco. Enrico Letta, quando legge quelle affermazioni, si arrabbia non poco. Indubbiamente è un danno di immagine che non giova affatto al Partito democratico. A questo punto scende in campo Cecilia D’Elia, la leader nazionale delle donne, che sconfessa Alvisi: le sue «argomentazioni non rispecchiano in alcun modo i nostri orientamenti e le nostre battaglie». E ancora: «Da sempre lottiamo per contrastare la cultura dello stupro e per ribadire che le molestie non possono essere in alcun modo giustificate.
Purtroppo la violenza non viene spesso denunciata, ma rimane vera e non deve essere sminuita. Le parole delle donne vanno prese sul serio: quello che è successo a Rimini è grave».
Nella giornata parte il pressing per convincere Alvisi a lasciare il ruolo di portavoce delle donne di Rimini. Lei a sera annuncia una nota. E alla fine alle 22 arrivano le dimissioni. Inevitabili, perché la stragrande maggioranza delle dem la pensa in tutt’altro modo, basta sentire quello che dice l’eurodeputata Alessandra Moretti: «Sono fatti che non si possono assolutamente giustificare, chi minimizza è complice». Ma qualcun’altra preferisce utilizzare l’arma dell’ironia: «L’associazione degli alpini sta al Corpo degli alpini come l’Anpi sta alla Resistenza», commenta, maliziosa, una senatrice.