Il potere come affare di famiglia Splendore e declino delle dinastie
Martedì 17 maggio in omaggio con il quotidiano la prima uscita della nuova serie di storia Le case reali e principesche protagoniste della storia europea e mondiale Intere epoche furono segnate dalle loro scelte politiche e dai loro conflitti
Inove decimi del patrimonio artistico mondiale sono dovuti alle «dinastie» che dalla notte dei tempi fanno girare o, meglio, controllano e governano il mondo. Nella storia dell’uomo, il potere si è sempre conquistato con la spada e il denaro più che con l’ingegno, ma si è poi mantenuto e tramandato anche con i simboli, con le magnificenze, con le commesse agli artisti per dimostrare, sfoggiando bellezza, una superiorità frutto magari dei peggiori crimini.
Questa regola non vale solo per l’Europa e le corti del Rinascimento. In Cina, addirittura, gli stili si riconoscono con il nome della dinastia dominante in quel periodo e la storia dell’Antico Egitto si computa, appunto, per dinastie.
Non esiste nulla di simile nel mondo animale: la tendenza a trasmettere di padre in figlio una posizione privilegiata è solo umana. Vale persino per i mestieri: ci sono le dinastie di liutai, quelle di argentieri
e così via. Nella Chiesa cattolica medioevale, epoca in cui in Europa si sono consolidate discendenze che ancora oggi non si sono del tutto disperse, i Papi, non potendo avere figli e tramandare il potere, provvedevano a migliorare la posizione delle proprie famiglie con la pratica passata alla storia come «nepotismo». Naturalmente, quando i figli preesistevano all’ascesa al soglio pontificio, scattava lo stesso meccanismo delle casate laiche, come nel caso di papa Alessandro VI Borgia e del figlio Cesare, meglio noto come il duca Valentino.
Le dinastie hanno esercitato ancor meglio il proprio ruolo quando non incardinate a un ordine verticistico, a un patto di obbedienza e di cortigianeria: a una monarchia, per intenderci. È il caso dell’Antica Roma repubblicana con le sue oligarchie che tessevano e disfacevano alleanze, ma soprattutto delle emergenti repubbliche mercantili. Venezia ha prosperato per mille anni grazie all’accordo tra poche famiglie patrizie organizzante, più che come uno Stato, come il consiglio d’amministrazione di una moderna società. In una città come Firenze, è dimostrato che i cognomi ancora oggi influenti sono in buona parte gli stessi risalenti ai tempi di Dante, Petrarca e Boccaccio.
Ma come nascono e si sorreggono nella storia millenaria dell’umanità le dinastie pur tendendo a generare un’ordine sociale palesemente fonte di prevaricazioni, ingiustizie e sfruttamento (al genio di chi fonda il casato spesso succedono eredi mediocri e inabili a governare)?
Nell’antichità era determinante il fattore religioso: è dio o gli dèi che li proteggono, anzi, sono a loro volta di natura trascendentale, come i faraoni d’Egitto o, per risalire ai nostri giorni, l’imperatore del Giappone. In epoca cristiana il governante era l’Unto del Signore e per secoli si è dibattuto sulla superiorità dell’imperatore, ma anche dei più modesti duchi, rispetto agli ecclesiastici.
In un suo fondamentale libro, I re taumaturghi, Marc Bloch ha analizzato una delle grandi fake news della storia fatta circolare per accreditare il diritto al trono dei re di Francia e Inghilterra: potevano, con il loro tocco, guarire gli scrofolosi, evidente prerogativa sovrannaturale. Anche quando si ritenne che tale panzana non fosse più necessaria, il popolo continuò a farvi affidamento e nelle campagne francesi, nonostante il Secolo dei Lumi, qualcuno se ne rammentava ancora alla vigilia della Rivoluzione francese.
Fu con l’assalto alla Bastiglia e la proclamazione dei diritti dell’uomo che si cominciò a mettere in discussione l’ordine millenario fondato sulla discendenza invocando libertà, uguaglianza e fratellanza. Ma i tempi evidentemente non erano ancora maturi se il primo atto di Napolecollaudate one fu di incoronarsi imperatore davanti al Papa e di soppiantare le vecchie dinastie con la sua, disseminando l’Europa di scettri elargiti ai suoi parenti e generali.
Appresa la lezione, gli antichi governanti, tornati in auge con la Restaurazione, accelerarono il processo di cristallizzazione del potere imparentandosi tutti tra di loro. In questo erano bravissime le donne assise sui troni, come la Regina Vittoria che aveva davanti a sé il bell’esempio di politiche matrimoniali già da Maria Teresa d’Austria.
Eppure, non bastò. La sbornia di onnipotenza e la noia per i troppi anni di pace obnubilò le consanguinee monarchie d’Europa che decisero di suicidarsi sprofondando nell’abisso della Prima guerra mondiale. Fu anche la fine delle più modeste nobiltà locali e del loro privilegio economico. La prima conseguenza del conflitto, infatti, fu l’inflazione: si mangiò il valore delle rendite e lasciò spazio a un altro genere di dinastie, quelle capaci di produrre reddito, le grandi famiglie borghesi che avrebbero dominato il Novecento. Queste, legate alle intuizioni del fondatore più che al blasone, però, raramente superano la terza generazione.
Discendenza
In molti campi c’è la tendenza a trasmettere di padre in figlio le posizioni privilegiate
Strategie
Attraverso le politiche matrimoniali si tesseva un fitto reticolo di rapporti diplomatici