Juve, come ripartire 3.657 giorni dopo Ma tra Allegri e Nedved sono scintille
Ricostruzione affidata a Max: «Più certezze che dubbi». Obiettivi Pogba, Jorginho, Raspadori
Forse era destino che un ciclo di vittorie irripetibile, durato 3657 giorni, si chiudesse con un altro evento senza precedenti nel dopoguerra: la Juventus non aveva mai perso tre partite di fila con l’Inter e per Madama non c’è dato di fatto più bruciante da cui ripartire, incanalando la rabbia verso la nuova stagione, quella del centenario del matrimonio con la famiglia Agnelli. Nell’attesa, all’Olimpico ci sono state scintille fra Allegri, nervosissimo ed espulso e il vicepresidente Nedved, per la gestione dei cambi. I giocatori, anche quelli che avevano in programma di fermarsi a Roma per gli Internazionali di tennis, sono invece rientrati tutti a Torino, anche se ieri e oggi era previsto riposo: una decisione da vecchia Juve, per serrare le fila in una fase dura.
Il primo anno senza trionfi è la conseguenza di un lento declino in corso da ormai tre anni, da quando cioè la voglia di cambiare pelle e giocare un calcio più moderno si è incrociata con la necessità — dopo il varo dell’affare Ronaldo — di fare operazioni di mercato guidate più da motivazioni La Juventus ha vinto 9 scudetti, 5 Coppe Italia e 5 Supercoppe dal 2012 al 2021. Questo il primo anno senza successi. Se non chiuderà al terzo posto, sarà la prima volta dal 1962 che la Juve non occupa mai i primi tre posti della classifica per l’intero torneo economiche che tecniche. Un mix deleterio per i conti e per i risultati, con tre esoneri di fila, l’ultimo scudetto vinto con Sarri vissuto con fastidio, l’esperimento Pirlo che ha portato due trofei ma è stato bocciato, assieme al direttore di tutti i successi, Paratici. Quindi l’addio burrascoso di CR7, la Restaurazione dell’Allegri bis nato sotto una cattiva stella, continuato senza vittorie contro le dirette concorrenti e arrivato a fine stagione senza la sensazione di aver gettato basi per il futuro, a parte l’arrivo di Vlahovic.
Il fatto che ad Allegri siano state consegnate le chiavi della macchina bianconera con un quadriennale pesante almeno evita un ulteriore cambio («Ho più certezze che dubbi» rilancia il tecnico): ma lo sguardo rivolto al passato (Pogba come obiettivo ne è un esempio) rischia di essere un’arma a doppio taglio. La stessa gestione del finale con l’Inter, con il cambio Bonucci per Bernardeschi e lo schiacciamento in area, era un classico degli anni d’oro di Max. Ma se non c’è più gente come Barzagli, Pjanic o Mandzukic si rischia l’effetto opposto.
Quindi servono idee nuove e soprattutto chiare, anche perché nel frattempo se ne andranno Chiellini, Dybala, forse Morata e l’appeal della Juve è calato: Rudiger svincolato dal Chelsea ha scelto il Real, De Jong del Barcellona ha un prezzo fuori portata, perché c’è un rosso da ridurre e un monte ingaggi da sgonfiare. L’usato sicuro come Jorginho o un colpo alla Di Maria, che a 34 anni chiede un’ultima grande stagione, può fare al caso. Anche Milinkovic fa parte dei vecchi pallini di Allegri, alla ricerca di mezzali pesanti nel 4-3-3, ma servono anche colpi dal rapporto qualità-prezzo vantaggioso come Vidal nel 2011, quando lo spirito da pionieri era diverso da quello di oggi.
L’investimento sui giovani come il centrale Gatti (già preso dal Frosinone), Raspadori
del Sassuolo o i ragazzi di proprietà come Fagioli e Miretti, se verrà fatto, dev’essere convinto, non solo una necessità di bilancio. Senza successi si può stare. Ma senza l’idea di costruire un futuro, no. Massimiliano Nerozzi Paolo Tomaselli
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Sguardo al futuro
Gli addii di Dybala, Chiellini e Morata, i giovani Gatti, Fagioli e Miretti da valutare