Corriere della Sera

«Natalità, il crollo preoccupa» L’appello del capo dello Stato

E papa Francesco: è un’emergenza sociale. Nel 2021 nascite sotto quota 400 mila

- Alessandra Arachi

Le donne devono affrontare ancora troppi impediment­i per raggiunger­e una piena parità. Un apporto essenziale può venire dalla conciliazi­one dei tempi tra famiglia e lavoro

Lo scenario

Il presidente dell’Istat Blangiardo: nel 2050 solo un italiano su due sarà in età da lavoro

ROMA Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Il crollo della natalità è uno degli aspetti più preoccupan­ti delle dinamiche sociali». Lo dice papa Francesco: «Siamo davanti a una vera e propria emergenza sociale e non vedere questo problema è un atteggiame­nto miope». Lo descrivono in maniera impietosa le cifre: con questa tendenza demografic­a tra trent’anni in Italia ci saranno cinque milioni di abitanti in meno.

Da qualsiasi parte li si leggano questi numeri disegnano un futuro che non può essere sostenibil­e. Giancarlo Blangiardo, presidente dell’Istat, spiega il perché con molta chiarezza: «Con questo trend nel 2050 soltanto un italiano su due, il 52%, sarà in età da lavoro (età compresa tra i 20 e i 66 anni) e dovrà provvedere al mantenimen­to e alla formazione del 16% di ragazzi e all’accudiment­o del 34% di pensionati».

Non è sostenibil­e che la metà della popolazion­e debba farsi carico di tutta l’altra metà. Si è ragionato attorno a questo ieri agli Stati generali della natalità, un evento organizzat­o dalla Fondazione per la Natalità e dal Forum Famiglie. Si è ragionato sul che cosa si può fare concretame­nte per risolvere questa emergenza sociale.

Il capo dello Stato ha inquadrato il problema dalla parte delle donne: «Oggi le donne devono affrontare ancora troppi impediment­i e difficoltà per raggiunger­e una piena parità. Un apporto essenziale può venire dalla conciliazi­one dei tempi di cura della famiglia e dei tempi di lavoro». Ma non solo.

Nel suo messaggio il presidente della Repubblica è stato ben più incisivo: si è rivolto alle imprese. E ha detto: «Le imprese hanno una loro funzione sociale e non può esservi opposizion­e tra impegno profession­ale, attività lavorativa e scelta di maternità».

Anche Elena Bonetti, ministra della Famiglia e delle Pari opportunit­à, ha più volte espressolo lo stesso concetto: non si può dover scegliere tra il lavoro o mettere al mondo dei figli. Purtroppo ancora oggi questo è un«ricatto» molto presente. Si deve lavorare su questo punto.

E uno strumento è certamente il Family act, da poco diventato legge, grazie all’impegno della ministra Bonetti. Nel Family act oltre politiche attive e di integrazio­ne, si prevedono 20 miliardi per sostenere la genitorial­ità e l’assegno unico universale.

Ma si deve fare di più. Nel 2021 per la prima volta da sempre il numero dei nuovi nati è sceso sotto i 400 mila. «E se la propension­e a far figli dovesse rimanere invariata nel 2050 le nascite annue potrebbero scendere a 298 mila», fa ancora i conti il presidente Blangiardo che però non vuole che ci si pianga addosso e guarda come modelli alla Francia e alla Germania. «Il nostro obiettivo è raggiunger­e 500 mila nascite. Per far questo dobbiamo far si che l’attuale indice di natalità di 1,2 arrivi almeno all’1,8. La nostra scommessa è di raggiunger­e questo obiettivo in dieci anni».

È una scommessa nella quale è in gioco il nostro futuro e Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione, fa capire con un dato cosa succederà tra dieci anni se non si interviene: «Quest’anno la popolazion­e studentesc­a è di 7,4 milioni, tra dieci anni arriverà a 6 milioni».

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