«Natalità, il crollo preoccupa» L’appello del capo dello Stato
E papa Francesco: è un’emergenza sociale. Nel 2021 nascite sotto quota 400 mila
Le donne devono affrontare ancora troppi impedimenti per raggiungere una piena parità. Un apporto essenziale può venire dalla conciliazione dei tempi tra famiglia e lavoro
Lo scenario
Il presidente dell’Istat Blangiardo: nel 2050 solo un italiano su due sarà in età da lavoro
ROMA Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Il crollo della natalità è uno degli aspetti più preoccupanti delle dinamiche sociali». Lo dice papa Francesco: «Siamo davanti a una vera e propria emergenza sociale e non vedere questo problema è un atteggiamento miope». Lo descrivono in maniera impietosa le cifre: con questa tendenza demografica tra trent’anni in Italia ci saranno cinque milioni di abitanti in meno.
Da qualsiasi parte li si leggano questi numeri disegnano un futuro che non può essere sostenibile. Giancarlo Blangiardo, presidente dell’Istat, spiega il perché con molta chiarezza: «Con questo trend nel 2050 soltanto un italiano su due, il 52%, sarà in età da lavoro (età compresa tra i 20 e i 66 anni) e dovrà provvedere al mantenimento e alla formazione del 16% di ragazzi e all’accudimento del 34% di pensionati».
Non è sostenibile che la metà della popolazione debba farsi carico di tutta l’altra metà. Si è ragionato attorno a questo ieri agli Stati generali della natalità, un evento organizzato dalla Fondazione per la Natalità e dal Forum Famiglie. Si è ragionato sul che cosa si può fare concretamente per risolvere questa emergenza sociale.
Il capo dello Stato ha inquadrato il problema dalla parte delle donne: «Oggi le donne devono affrontare ancora troppi impedimenti e difficoltà per raggiungere una piena parità. Un apporto essenziale può venire dalla conciliazione dei tempi di cura della famiglia e dei tempi di lavoro». Ma non solo.
Nel suo messaggio il presidente della Repubblica è stato ben più incisivo: si è rivolto alle imprese. E ha detto: «Le imprese hanno una loro funzione sociale e non può esservi opposizione tra impegno professionale, attività lavorativa e scelta di maternità».
Anche Elena Bonetti, ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, ha più volte espressolo lo stesso concetto: non si può dover scegliere tra il lavoro o mettere al mondo dei figli. Purtroppo ancora oggi questo è un«ricatto» molto presente. Si deve lavorare su questo punto.
E uno strumento è certamente il Family act, da poco diventato legge, grazie all’impegno della ministra Bonetti. Nel Family act oltre politiche attive e di integrazione, si prevedono 20 miliardi per sostenere la genitorialità e l’assegno unico universale.
Ma si deve fare di più. Nel 2021 per la prima volta da sempre il numero dei nuovi nati è sceso sotto i 400 mila. «E se la propensione a far figli dovesse rimanere invariata nel 2050 le nascite annue potrebbero scendere a 298 mila», fa ancora i conti il presidente Blangiardo che però non vuole che ci si pianga addosso e guarda come modelli alla Francia e alla Germania. «Il nostro obiettivo è raggiungere 500 mila nascite. Per far questo dobbiamo far si che l’attuale indice di natalità di 1,2 arrivi almeno all’1,8. La nostra scommessa è di raggiungere questo obiettivo in dieci anni».
È una scommessa nella quale è in gioco il nostro futuro e Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione, fa capire con un dato cosa succederà tra dieci anni se non si interviene: «Quest’anno la popolazione studentesca è di 7,4 milioni, tra dieci anni arriverà a 6 milioni».