«È nascosto dalle polveri, metodi nuovi per scoprirlo»
«Abbiamo dovuto inventarci metodi nuovi per catturare l’immagine di Sagittarius A* ma ci siamo riusciti», spiega Elisabetta Liuzzo, 39 anni, tra i protagonisti della caccia al centro regionale europeo Alma dell’Istituto nazionale di astrofisica di Bologna.
Perché è stato così complicato arrivare a questo risultato?
«Il buco nero al centro della nostra galassia, essendo più piccolo e immerso nelle polveri, si manifesta diversamente. Il gas intorno impiega pochi minuti a
completare un’orbita, mentre in M87, essendo più stabile, tutto si svolgeva con giorni e settimane e presentava minori ostacoli. Abbiamo dovuto quindi sviluppare sofisticati strumenti di analisi per coglierne la presenza».
E i vantaggi offerti dalla nuova fotografia ?
«La diversità fra i due buchi neri consente di scoprire nuovi processi, le leggi fisiche che li governano, per conoscerli meglio».
Non ci sono più incertezze sul vicino mostro cosmico, è davvero unico?
«Ora abbiamo la prova che è solo nella sua imponenza. Ma riuscire a districarsi nella foresta di effimera materia che lo avvolge e nasconde è stato arduo dovendo ripulire i dati dalle interferenze».
Si è parlato anche di conferme importanti emerse dalla foto?
«La sua analisi e la dimensione dell’anello ci hanno confermato che rispetta le previsioni della teoria della relatività generale di Einstein. E la sensibilità, in particolare, della schiera di radiotelescopi Alma installati nel deserto di Atacama è stata determinante per definire la scoperta».
Adesso quali altre mete volete raggiungere?
«C’è l’enigma dei getti di plasma che abbiamo visto uscire da alcuni buchi neri e di cui non comprendiamo la causa. Ma ne esistono tanti altri. I buchi neri sono ancora un mondo pieno di misteri».