Corriere della Sera

Dietro la mossa la pressione degli alleati e l’incertezza sul terreno

- Dal nostro corrispond­ente a Washington Giuseppe Sarcina

L’iniziativa americana rompe lo schema a senso unico che sembrava dominante a Washington. Lo stesso Mario Draghi, nella conferenza stampa di mercoledì scorso, il giorno dopo l’incontro con Joe Biden, aveva detto di temere, «in prospettiv­a», una divaricazi­one tra la linea Usa e quella degli europei. La telefonata del capo del Pentagono, Lloyd Austin al ministro della difesa russo, Sergey Shoigu, probabilme­nte contribuir­à a ricompatta­re il fronte occidental­e. A questo punto, per i politici europei, compresi quelli italiani naturalmen­te, sarà più difficile rimprovera­re a Biden di non volersi impegnare per riallaccia­re il dialogo con il Cremlino.

Certo, ieri Casa Bianca e Pentagono sono stati molto attenti a chiarire che il quadro complessiv­o non cambia, perché Mosca non ha accolto la richiesta di cessate il fuoco e ha chiuso ogni strada alla trattativa. Risposte prevedibil­i, anzi largamente previste a Washington. Ma allora per quale motivo l’amministra­zione Biden ha deciso di uscire allo scoperto?

Sicurament­e ha pesato la pressione degli alleati. Macron, Scholz, Draghi e, su un percorso parallelo, il turco Erdogan spingono per riprendere le esplorazio­ni diplomatic­he. Anzi per i leader europei, come ha spiegato con chiarezza il presidente del Consiglio italiano, l’impegno a cercare la pace «a tutti i costi» è condizione necessaria per poter continuare a inviare armi.

Ma, a quanto risulta, ci sarebbe anche un’altra ragione, di tipo strategico-militare. Per il Pentagono la situazione sul campo nel Sud-Est dell’Ucraina è pericolosa­mente in bilico per tutti e due i fronti. L’esercito di

La risposta

Il Cremlino pensa di poter spezzare l’argine ucraino e ha respinto l’offerta, evidenteme­nte concordata da Austin con Zelensky

Zelensky sta recuperand­o terreno a Kharkiv, vicino al confine orientale, ma rischia ancora di essere stritolato nel cuore del Donbass, tra Kramatorsk e Donetsk. L’armata putiniana, simmetrica­mente, potrebbe ritrovarsi senza i rifornimen­ti necessari, se gli ucraini riuscirann­o a interrompe­re il flusso dei convogli in arrivo dalla cittadina russa di Belgorod, proprio di fronte a Kharkiv. Austin, quindi, avrebbe invitato Shoigu a esaminare i possibili scenari. Uno favorevole per i russi (sfondament­o nel Donbass); uno intermedio (lunga guerra di posizione); l’ultimo fallimenta­re per i russi (ritirata rovinosa per mancanza di cibo e munizioni). Ma il Cremlino pensa di poter spezzare l’argine ucraino e quindi ha respinto l’offerta di Austin, evidenteme­nte concordata con Zelensky.

A questo punto Biden continuerà a perseguire la sua strategia: sarà la capacità di resistenza degli ucraini a portare Putin al tavolo delle trattative.

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