Da Wall Street a Mosca La grande illusione dei «falsi digitali»
Qualche anno fa l’ufficio americano di statistica mise in discussione le proiezioni degli account di Facebook: risultavano troppi giovani online rispetto alla popolazione censita all’interno degli Stati Uniti. E anche troppi anziani: gli account di chi moriva rimanevano come in un limbo, «dopando» la speranza di vita. È la grande illusione: la misurabilità oggettiva del digitale, la stessa con cui si sta ora scontrando il camaleontico Elon Musk e che unisce San Francisco con Mosca e Pechino. Non c’è piattaforma, da Twitter a Telegram, che possa dire di aver scovato un antidoto. Se il «falso digitale» può sembrare un ossimoro, l’idea che la tecnologia non sbagli — perlomeno a contare — non è casuale: risale a un ingegnere americano di fine Ottocento, Herman Hollerith. Il nome potrebbe non dire nulla, ma basterebbe ricordare che la sua società, la Tabulating Machine Company, attraverso una serie di fusioni, avrebbe dato vita nel 1924 all’Ibm. Hollerith iniziò proprio da questo: il censimento della popolazione. Molto prima dei falsi digitali esistevano difatti le «popolazioni fantasma»: nemmeno le istituzioni conoscevano bene le statistiche sui cittadini (un vero grattacapo sia per gli eserciti, sia per le tasse). Fu per questo che, nella seconda metà del Settecento, venne introdotta la «geolocalizzazione» ante litteram, la numerazione civica, accolta all’inizio come un’invasione della privacy (le persone cancellavano nottetempo i numeri). Ma Hollerith andò ben oltre: prese un’invenzione della rivoluzione industriale — la scheda perforata che veniva usata nei telai Jacquard per cambiare la trama delle stoffe — e propose la propria macchina tabulatrice all’amministrazione degli Stati Uniti per sveltire i tempi di rilevazione statistica relativi al censimento della popolazione del 1890. Non è nemmeno un caso che i codici binari 00110001 a cui ci ha abituato il digitale prendano spunto dall’algebra ottocentesca di Boole. La tecnologia da cui partì secondo molti la rivoluzione informatica, la macchina di Hollerith, permise dunque di migliorare le statistiche promettendoci una misurabilità che oggi il digitale sta disattendendo. Uno non è uguale a uno. Nemmeno online.