Il congedo mestruale, la Spagna ci sta pensando
La Spagna diventerà probabilmente il primo Paese d’Europa a consentire alle proprie lavoratrici di prendere un congedo mestruale. Martedì il Consiglio dei ministri discuterà una proposta di legge avanzata a marzo dalla segretaria di Stato per l’uguaglianza: la bozza prevede l’«inabilità temporanea» per i casi di aborto e anche per le mestruazioni dolorose. «Non stiamo parlando di un leggero disagio, ma di sintomi gravi», aveva chiarito Ángela Rodríguez (Podemos) in un’intervista al giornale Periódico. Ieri ha specificato che il permesso sarà a carico della Previdenza sociale e durerà fino a quando la donna ne avrà bisogno, quindi senza il limite di tre giorni, più due in casi estremi, di cui parlavano le indiscrezioni. Sebbene una manciata di società private in Europa abbia già adottato politiche per aiutare le impiegate durante le mestruazioni, per ora nessuno Stato dell’Ue ha varato leggi ad hoc, a differenza di vari Paesi asiatici. Il primo ad approvare il congedo mestruale è stato nel 1947 il Giappone. L’hanno seguito Indonesia, Taiwan e Corea del Sud. Dal 2016 lo prevedono alcune province della Cina, ma solo con certificato medico. È stato riconosciuto perfino dallo Zambia, in Africa: lì le donne possano usufruire di un giorno al mese di assenza. Ma gli storici ricordano che il primo esempio al mondo fu in realtà in alcune industrie dell’Unione Sovietica, fra il 1920 e il 1930. In Italia dal 2016 è ferma una proposta di legge che prevede il congedo, usufruibile da tutte le lavoratrici, per un massimo di tre giorni al mese. Durante l’assenza, non imputabile a malattia, è prevista un’indennità al 100% della retribuzione giornaliera, contribuzione compresa. La necessità di avvalersi del congedo deve essere certificata da un medico. Il congedo non piace a molti datori di lavoro, ma divide anche le femministe. Alcune temono che diventi un’arma a doppio taglio e crei un ulteriore ostacolo all’accesso delle donne al mondo del lavoro. Ieri la ministra spagnola dell’Uguaglianza Irene Montero ha detto: «Stiamo avanzando in modo che non sia più normale andare a lavorare soffrendo». Più cauta la ministra dell’Economia, Nadia Calvino (socialista): «Il governo non adotterà mai misure che possano provocare una stigmatizzazione delle donne». Neppure i sindacati sembrano d’accordo. L’Ugt (vicino ai socialisti), teme misure che riportino l’attenzione sulle donne «in una questione che le differenzia dagli uomini».