Corriere della Sera

L’uomo che non si piegò al moderno

AVarese la villa di Lodovico Pogliaghi, architetto e scenografo che rimase fedele a sensibilit­à rétro

- Beba Marsano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Si seguano i passi di un viaggiator­e avveduto e smaliziato quale era Stendhal. Che a Varese, lungo la Via Sacra — due chilometri di romantico acciottola­to tra le quattordic­i cappelle del Sacro Monte — si emozionò alla vista di ben sette laghi nella cornice seghettata di Alpi e Prealpi.

Un mondo a parte. Silenzioso, mistico, quasi sospeso. Perfetto per il raccoglime­nto spirituale e la creazione artistica. Così dovette pensare quella singolare figura di Lodovico Pogliaghi — 1857-1950 —: scultore, pittore, architetto, scenografo, decoratore, illustrato­re, orafo, medaglista, collezioni­sta e pure viaggiator­e. Che proprio qui volle erigere il suo buen retiro.

E in fondo al viale delle Capelle, angolo magico, progettò

Eclettismo Volubile nelle visioni estetiche, l’artista milanese modificò gli ambienti più volte

Aperta al pubblico

A riscattarl­o dall’oblio questa casa-studio, il suo più capolavoro, con le collezioni dentro

una residenza preziosa e bizzarra, tutta bow window, loggiati, stanze «in stile» nel gusto eclettico dell’epoca, dove allestire con tocco teatrale le proprie raccolte d’archeologi­a, arte, vetri, curiosità orientali. Quasi una Wunderkamm­er formato gigante. Volubile nelle visioni estetiche, l’artista milanese modificò gli ambienti più volte, trasforman­do anche il giardino con esedra, punteggiat­o di antichità e stravaganz­e, in una scenografi­a in divenire. Carattere di ferro concentrat­o in un metro e mezzo di altezza, Pogliaghi fu — per il gusto spettacola­re dello spazio — il «Renzo Mongiardin­o» (architetto e scenografo) del suo tempo. A Milano, oltre all’arredo del Museo Poldi Pezzoli, curò la decorazion­e di Palazzo Turati e a Torino quella del Castello del Valentino; suoi il gruppo colossale della Concordia per l’Altare della Patria a Roma, la sistemazio­ne della tomba di Dante a Ravenna e il portale maggiore del Duomo di Milano (1906). Un’opera alla quale lavorò incessante­mente per quattordic­i anni e il cui gesso a grandezza naturale giganteggi­a nell’Atelier, dove fece sfondare e alzare il tetto, in origine troppo basso per poterlo ospitare.

«Le case non si arredano, si creano», diceva Mongiardin­o. E Pogliaghi diede forma alla propria secondo quel disordine, che per Paul Claudel «è la delizia dell’immaginazi­one». Su, alla sommità del Sacro Monte, sarcofagi egizi, reperti etruschi e greco-romani, Madonne tedesche, vetri medicei e veneziani, specchiere di Murano, tappeti orientali, lacche birmane, terrecotte del Bernini, Cristi del Giambologn­a, tele di Procaccini, Magnasco e Morazzone si stratifica­no in una caleidosco­pica sequenza di sale. Dalla spettacola­re Esedra dei marmi (vero e proprio Pantheon domestico) all’avvolgente Sala Rossa (per le splendide tappezzeri­e in damasco cremisi settecente­sche). Dalla Sala delle Madonne alla Biblioteca, fino alla Galleria Dorata, riproduzio­ne in gesso, stucco e specchi del bagno in oro zecchino, che avrebbe dovuto realizzare in dimensioni quattro volte maggiori nella reggia dello Scià di Persia a Teheran.

Artista-collezioni­sta alla continua ricerca d’ispirazion­e, Lodovico Pogliaghi ha lasciato una delle maison d’artiste più integre e sorprenden­ti, testimone di una curiosità onnivora e di una cultura senza confini, aperta a tutte le espression­i d’arte. Tranne una: l’avanguardi­a in ogni sua forma, dalla quale si tenne sempre a sdegnosa distanza, fedele a romantiche sensibilit­à d’altri tempi.

Per questo, a dispetto del grande successo in vita, dopo la morte venne presto dimenticat­o. A riscattarl­o dall’oblio questa casa-studio, il suo più compiuto capolavoro, che per volontà testamenta­rie lasciò completa delle collezioni (oltre 1500 opere d’arte e 580 reperti archeologi­ci) alla Santa Sede. Il Vaticano la girò a sua volta alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, che l’ha aperta al pubblico nel 1974 e ne è ancora custode.

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Www.casamuse opogliaghi.it Ambienti Dall’alto in basso, la Casa Museo Lodovico Pogliaghi con la facciata esterna, un dettaglio degli interni (in cui si vede una parte della collezione esposta al pubblico) e infine l’esedra con le antichità. Per altri dettagli, il sisto ufficiale è

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