Corriere della Sera

Lunga vita alle cose Dove il passato vale

Federica Formilli Fendi ha aperto a Roma Casa Triplef Concept store e portale di oggetti «cult» da riscoprire

- Valerio Cappelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Mi è appena arrivata una collezione di gemellini unisex degli Anni ‘50, in smalto, che non trovi in giro», dice Federica Formilli Fendi. Casa Triplef ha aperto cinque mesi fa. È il concept e il portale di Federica, dove sventolano le sue tre «F», come la bandiera di uno spazio inedito, all’insegna del buon gusto. Sembra di stare a New York... «Però, mi creda, non c’è nemmeno a New York, uno spazio così», dice lei senza darsi arie, con la sua grazia spontanea.

È il loft romano che fu studio di Schifano, De Dominicis, Twombly e Mochetti, un posto magico e un po’ nascosto, che non ti aspetti, accanto all’Orto Botanico, in via delle Mantellate. Trecento metri quadri su vari livelli, «sistemati» con ferro e cemento da

Stefania Miscetti, architetto che ha una galleria d’arte lì accanto. C’è la chiostrina dove Schifano degustava ottimi avocado che cadevano da un albero che ancora trionfa, come se fossero le radici Fendi; c’è una magnifica terrazza...

Federica è la terza generazion­e Fendi, dopo le leggendari­e cinque sorelle, tra le quali Carla e Franca, la madre di Federica. «Ma siamo alla quinta generazion­e». Una «tribù» matriarcal­e che riunisce una cinquantin­a di persone. Federica ha lavorato in azienda dagli Anni ‘80 al 2003, quando fu venduto il marchio, seguendo i vari settori, pellicceri­a, pelletteri­a, progettazi­one, sfilate di Lagerfeld. Fino al marchio Fendissime con le cugine Maria Teresa e Silvia, «era la linea giovane, un mondo parallelo che aveva le basi dello stile».

Chiuso il marchio dai nuovi acquirenti, ha cominciato ad acquistare, sistemare e rivendere case, al fianco di pezzi vintage, iconici o no. Ed eccoci alla vigilia di Triplef. Con l’amico di sempre, il make up artist e visual merchandis­er Carlo Alberto D’Emilio, ha ridato vita agli oggetti del passato riscoprend­o pezzi cult in un’iniziativa che non è né negozio né spazio espositivo. Si dà vita a una specie di baratto, dove il cliente diventa venditore e viceversa. «Un baratto che diventa un gioco, dove trovi pezzi storici che fanno parte di una tradizione di famiglia. A me hanno insegnato a non buttare niente, a cominciare dal cibo».

L’arte del riciclo e del riuso dove convivono divani, piatti, illuminazi­one, abbigliame­nto. «Noi amiamo il ‘900, gli Anni 20 e gli Anni ‘60 e ‘70, particolar­mente creativi. Ci piace mischiare stili e epoche». A chi si rivolge tutto questo? «C’è un passaparol­a. Abbiamo aperto in sordina, poco prima di Natale, volutament­e non abbiamo fatto l’inaugurazi­one. Abbiamo creduto che la gente venisse perché ne ha sentito parlare: andiamo e vediamo. Poi, lo spazio è un po’ nascosto. Ci piace essere scoperti». Il primo contatto avviene sul sito: Triplef.it, dove si aprono le diverse sezioni: gli acquisti, divisi per categorie, e le vendite. La clientela? La borghesia, l’artista, l’intellettu­ale o meglio, come dice Federica, «le persone di gusto». C’è una discount policy: dopo il primo, secondo e terzo mese scatta uno sconto progressiv­o. «Non esageriamo mai, puoi spendere da 50 euro fino a 8000 per il divano dal celebre architetto Kazuhide Takahama».

È un viavai di oggetti che entrano e escono da Casa Triplef. L’importante, Federica, è non affezionar­si? «Eh...Quanto vorrei che fosse così».

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(nella foto in basso a sinistra, assieme al make up artist, visual merchandis­er e socio Carlo Alberto D’Emilio); nella foto grande, sotto, un altro vano dello store dove si trovano pezzi storici con una tradizione di famiglia
Dettagli Nella fila di foto a sinistra alcuni ambienti di Casa Triplef, di Federica Formilli Fendi (nella foto in basso a sinistra, assieme al make up artist, visual merchandis­er e socio Carlo Alberto D’Emilio); nella foto grande, sotto, un altro vano dello store dove si trovano pezzi storici con una tradizione di famiglia

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