Corriere della Sera

I colori del Sud (quello vero)

L’architetto Massimo Brambilla e il progetto di recupero a Matino, in Salento

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Lasciatesi alle spalle le acque verdi smeraldo della Baia Verde di Gallipoli e l’azzurro cangiante di Punta della Suina, le masserie un po’ slabbrate tra le ginestre e i fichi d’India della strada litoranea ionica, ci si imbatte dentro la selvatica campagna salentina nel nuovo risveglio architetto­nico ed abitativo del borgo di Matino. Nel suo centro storico che si srotola come un papiro dalla collina carsica di S.Ermete, infatti, si sta compiendo un entusiasma­nte recupero rispettoso e migliorati­vo delle abitazioni rurali locali che poggia, come una volta in pietra naturale, sulla mente visionaria ed energia esplosiva di Massimo Brambilla.

Questo architetto lecchese di 54 anni, con esordi da archeologo e una lunga esperienza nel restauro di chiese, ha iniziato la propria avventura architetto­nica al Sud acquistand­o per poche decine di migliaia di euro una tipica casa a corte proprio a Matino e a tutt’oggi ne ha restaurate altre dieci. Dirige in Puglia una

trentina di cantieri, ha creato insieme alla moglie e alle figlie il brand Acqua di Puglia attraverso il quale mette a disposizio­ne il proprio knowhow a chi voglia recuperare antiche abitazioni o anche solo affittarle per un breve periodo.

«Il marchio esprime il nostro modo di sentire il Sud in una maniera vera e alla portata di tutti. Sono sorti tanti borghi fittizi — spiega Brambilla —, mentre io credo che gli architetti abbiano la responsabi­lità morale del recupero edilizio corretto della bellezza che c’è nel Meridione, adesso appetito dagli stranieri che stanno comprando tutto. Cerco perciò di mantenere tutto quello che c’è, senza sprecare suoli e utilizzand­o le materie prime, a cominciare dalla calce dal luogo».

Questo progetto è cominciato dal Riad Salentino che balza subito agli occhi nella trama di vicoli stretti e nella manciata di bianche case di Matino con la sua porta in legno di colore indaco. «L’ho solamente ripulita, tenendo le volte, gli intonaci vecchi e storti, i legni usurati dal tempo. Avevo recuperato vecchie stalle in Engadina con lo stesso principio — prosegue l’architetto lecchese —, che applico alle case mediterran­ee fatte a corte sul modello arabo e ai bagli siciliani in cui le stanze si affacciano tutte su di un vano centrale aperto».

In pratica Brambilla non alter affatto «la bellezza espressa dalla movimentaz­ione, l’alternanza di volumi alti e bassi aggiunti nel corso del tempo a seconda delle necessità abitative della famiglia. Le nicchie nella spessa muratura, ad esempio, che servivano per scaricare il peso della trave ed erano spesso usate per depositare granaglie o per gli animali, possono essere armadi».

La piscina sulla terrazza è un cubo ricavato laddove un tempo venivano posti gli ortaggi a essiccare. «Ho mantenuto dunque l’effetto del sali e scendi, e l’uso della chianca di pietra leccese impermeabi­le e friabile che è la prerogativ­a di ogni tetto».

Nel Riad Salentino così come nell’Immacolata e a Casa Rosalia, sempre a Matino e alla Maison Salentina di Patú, Brambilla quali elementi di arredo ha scelto fibre naturali, pizzi, ortaggi intrecciat­i, lampade fatte a mano, lavabi e vasche intagliate nella pietra, pale vere di fichi d’India, ha recuperato madie e tavoli contadini.

«Non sono mai ricorso a un ponteggio. Gli artigiani locali sono eccezional­i, soprattutt­o Sguariu arenarie, hanno una manualità incredibil­e nel maneggiare pietra e legno — conclude —. Solo insieme alle persone del posto si può davvero recuperare l’anima architetto­nica e le tradizioni del Salento mettendole a disposizio­ne anche di viene da lontano e ha bisogno della luce di questa terra».

Luca Bergamin (testi e foto)

La filosofia «Cerco di mantenere quello che c’è, senza sprecare suoli e con materie prime locali»

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Una veduta del Riad Salentino restaurato da Massimo Brambilla
Dall’alto Una veduta del Riad Salentino restaurato da Massimo Brambilla

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