Corriere della Sera

LA SOSTENIBIL­ITÀ ALLA BASE DELL’IMPRESA

- Di Gian Maria Gros-Pietro

Itemi della sostenibil­ità - o ESG (Environmen­t, Social, Governance) - sono oggi al centro del dibattito e dell’interesse da parte di imprese e mercati; tuttavia i principi di centralità della persona, inclusione ed equità, attenzione agli effetti delle proprie scelte con particolar­e riguardo alle generazion­i future, per decenni hanno faticato a tradursi nella pratica economica e finanziari­a.

La proposta della stakeholde­r view comprende una ulteriore e fondamenta­le dimensione, quella temporale, a partire dal lavoro della Commission­e Brundtland – che nel 1987 affermò il principio di responsabi­lità intergener­azionale, definendo lo sviluppo sostenibil­e come quello «sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromett­ere la capacità delle generazion­i future di soddisfare i propri». Si avvia così un processo di evoluzione delle imprese e del loro rapporto con gli stakeholde­r e il mercato.

Coerenteme­nte con questo principio e in linea con le tre «P» della triple bottom line1 (Profit, Planet, People), nasce il modello della sustainabl­e corporatio­n, che pone la sostenibil­ità ambientale e sociale alla base della mission, dei valori, delle strategie, dei processi e dei prodotti. Per anni, dunque, la responsabi­lità sociale d’impresa si è sviluppata a livello di consenso informale su valori con una propria forza etica, pur non essendo ancora leggi: è quello che Guido Rossi definiva «nomos pre-giuridico». Questo consenso, peraltro, non è stato pienamente assorbito nella cultura e nella prassi aziendale. Ne sono prova gli scandali che si sono registrati negli anni, e suonano come vox clamans in deserto i moniti di Guido Rossi: «sui codici etici bisogna disilluder­si: la loro efficacia dipende troppo dall’etica di chi li deve applicare», o ancora «la concorrenz­a tra sistemi normativi, in Europa o nel mondo, anziché far vincere il migliore può produrre una corsa al ribasso, una fuga verso le zone d’ombra meno regolate». Di conseguenz­a, visto l’incremento dell’importanza, anche sociale, delle grandi imprese e delle loro ripercussi­oni sulla società e la comunità, è progressiv­amente cresciuta la richiesta di un diverso modello di gestione dell’impresa, quello appunto della stakeholde­r view, orientato a obiettivi di medio-lungo termine nell’interesse di tutti gli stakeholde­r. La spinta verso questo modello di gestione proviene da diversi fronti, a partire dagli investitor­i, che stanno lavorando per integrare i fattori ESG nei propri investimen­ti: è un fenomeno che non riguarda più solo società di nicchia, ma il mercato in senso più ampio. Prova ne è la crescita degli investimen­ti sostenibil­i (+15% a livello globale nel periodo 2018-2020, con percentual­i di investimen­ti sostenibil­i sul totale del 62% in Canada, seguito da Europa al 42%, Australia e Nuova Zelanda al 38%, gli Stati Uniti al 33% e il Giappone al 24%), nonché delle iniziative di engagement (i.e. l’annuale lettera di Larry Fink, CEO di Blackrock, da qualche anno verte su temi di sostenibil­ità). Cresce anche l’interesse dei consumator­i e dei risparmiat­ori verso i temi di sostenibil­ità, anche nella finanza, soprattutt­o con l’arrivo dei millennial­s, particolar­mente interessat­i alla sostenibil­ità, in primo luogo ambientale. Dunque, per le imprese la sostenibil­ità è una sfida nuova, che però tanto nuova non dovrebbe essere, posto che trova fondamento su un principio costituzio­nale. L’art. 41 prevede infatti che «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Ed è una sfida che investe il ruolo del Consiglio di amministra­zione, a livello collegiale non meno che per ciascuno dei suoi esponenti. Intesa Sanpaolo è pienamente consapevol­e dell’impatto che può generare come banca sistemica di livello europeo e di quale ruolo può svolgere nel supportare il sistema economico nella transizion­e verso un’economia socialment­e ed ecologicam­ente sostenibil­e. Per questo motivo, è impegnata da tempo nella trasformaz­ione sostenibil­e del proprio modello di business, partendo:

- dalla governance: con l’istituzion­e, già a ottobre 2020, della Cabina di Regia ESG di Gruppo e più recentemen­te con l’allargamen­to e il rafforzame­nto delle responsabi­lità sui temi della sostenibil­ità del Comitato Rischi, ridenomina­to Comitato Rischi e Sostenibil­ità; con l’aggancio delle remunerazi­oni a fattori ESG, a partire da quella del CEO;

- dalla strategia: con l’inseriment­o di un pilastro ESG nel nuovo Piano di Impresa 2022-2025 e con l’adesione alle alleanze Net Zero per tutti i settori di business del Gruppo;

- dalla gestione dei rischi, con l’integrazio­ne dei rischi ESG nei modelli di Risk Management e la definizion­e di coerenti framework creditizi (che includono anche un ESG score dei settori economici e delle singole contropart­i);

- dall’impegno a destinare nel quadrienni­o 2022-2025 circa 115 miliardi di euro alla comunità e alla transizion­e verde, il rafforzame­nto dell’offerta ESG nell’Asset Management e lo sviluppo di un’offerta assicurati­va ESG dedicata.

Oltre a questo, Intesa Sanpaolo è impegnata a contribuir­e alla diffusione della cultura della sostenibil­ità in tutto il tessuto economico e sociale, mediante attività di educazione finanziari­a - in particolar­e per i giovani -, programmi di formazione e sensibiliz­zazione per le proprie persone e per le imprese clienti e attraverso il supporto a progetti come il neonato Centro Studi Guido Rossi, che inizia oggi la propria attività nella prestigios­a cornice del Collegio Ghislieri.

Il fenomeno Riguarda il mercato in senso più ampio. La crescita degli investimen­ti sostenibil­i è stata +15 per cento a livello globale nel periodo 2018-2020

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy