LA STRANA MISCHIA ITALIANA CHE METTE A RISCHIO IL GOVERNO
Il fronte interno La virulenza e la ripetitività con le quali si attacca Palazzo Chigi hanno qualcosa di eccessivo. Evocano la spallata e specialmente per il M5S la ricerca di voti perduti
Ma Conte è sopravvissuto al cartello populistasovranista, rimanendo a Palazzo Chigi con una maggioranza agli antipodi, insieme con il Pd. Ebbene, adesso da ex alleati e avversari Matteo Salvini e il capo grillino sembrano riavvicinarsi. Ma non in nome di una strategia declinata in positivo, a meno che non si voglia assecondare un pacifismo a dir poco sospetto nelle pulsioni anti-europee e anti-americane.
La convergenza è nel segno dell’ostilità a Draghi, e dei distinguo ripetuti e quasi pregiudiziali per le misure prese contro l’aggressione russa all’Ucraina. Di più: verso qualunque provvedimento che possa tornare utile per logorare la coalizione della quale il M5S è forza di maggioranza relativa; anche se con i numeri che il popolo gli ha dato nel 2018, oggi probabilmente più che dimezzati. Sia chiaro: criticare un governo di cui pure si è parte rilevante non è solo legittimo ma doveroso. Lo è altrettanto chiedere, anzi pretendere dal presidente del Consiglio che medi e trovi un punto di incontro tra forze così diverse.
Fa parte della fisiologia della politica. Ma la virulenza e la ripetitività con le quali si attacca palazzo Chigi hanno qualcosa di eccessivo e stonato. Evocano la spallata, non la ricerca di un compromesso. Soprattutto da un grillismo allo sbando, per paradosso nostalgico e orfano insieme di Palazzo Chigi e delle pulsioni anti-sistema, arrivano critiche così radicali da far pensare che l’unico modo per ritrovare un simulacro di identità sia quello di essere contro il premier. E pazienza se questo significa anche delegittimare il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sodale di partito di Conte. Forse è un effetto collaterale perfino voluto e cercato.
Se si assistesse soltanto a una resa dei conti tra grillini, basterebbe chiedere che facciano chiarezza e vadano avanti. Ma lo stillicidio di critiche sta provocando effetti di sistema. Il senso di responsabilità nazionale dimostrato durante la pandemia anche dal M5S è svanito dall’orizzonte insieme con la guida del governo. È in atto una doppia guerra, decisa unilateralmente dal presidente russo Vladimir Putin, contro l’Ucraina e contro i valori della democrazia occidentale. Eppure Cinque Stelle e Lega picconano l’esecutivo, con gli occhi puntati un po’ su Mosca, molto sulle urne in avvicinamento.
Può darsi che qualcuno accarezzi l’idea di una crisi, sentendosi mancare terreno e soprattutto voti sotto i piedi. La speranza che questa deriva si fermi prima di causare danni gravi al Paese è obbligata. Ritenerla una speranza fondata, tuttavia, è un atto di fiducia. Ma pensare che il sistema politico sia fuori dalle difficoltà è rischioso. C’è dentro tuttora in primo luogo il perno ormai arrugginito dei Cinque Stelle, che sognando rivincite politiche e anche personali dimostra di avere perso lucidità. È l’involuzione tipica di una forza che, dopo avere tentato di maturare, tende a tornare in un bozzolo autoreferenziale: riflesso tipico di una minoranza estremista che rivendica la centralità passata.