Estate da brividi a Milano
Le strade, il crimine e un nuovo investigatore nel giallo d’esordio di Paolo Maggioni
«Abbiamo una storia». Ci mettono poco il fotografo Stucas e il cronista di nera Massimo Torre ad arrivare a questa conclusione. La frase è pronunciata alla stazione elvetica di Balerna, la prima dopo la frontiera italo-svizzera. Il cadavere di un giovane uomo, un migrante africano, è adagiato sul marciapiede e il fotografo si accorge che è la stessa persona da lui fotografata pochi giorni prima a Milano davanti alla Stazione Centrale: la sua immagine finita in prima pagina sul giornale. Lo scatto da vivo è l’inizio della storia; quello da morto, la fine: non resta che capire cosa sia accaduto nel mezzo. E di questo si occupa un nuovo investigatore che si affaccia ora sulla scena (italiana) del crimine, il poliziotto protagonista de La calda estate del commissario Casablanca (Sem) di Paolo Maggioni.
Milano a inizio agosto è calda quanto l’estate evocata dal titolo: «sudano, con discrezione, le segretarie in tubino l’ultimo giorno prima delle ferie. Suda, con rabbia, il rappresentante sul biemmevù ma col clima rotto. Sudano, senza freni, spadroneggiando sui furgoncini nella città mezza vuota, i fattorini...». E suda anche Giuliano Casablanca nel nuovo ufficio. Casablanca, Ginko in omaggio a Diabolik per gli amici, è uno che ha voglia di fare. Promosso commissario, la voglia cercano di fargliela passare: viene spostato dalla Omicidi all’Ufficio Passaporti. È lì, nel «paradiso delle scartoffie, il Maracanã della burocrazia, il buen retiro degli investigatori» che il lettore lo incontra.
Chi era il giovane morto fulminato sul tetto del treno mentre cercava di entrare illegalmente in Svizzera? L’indagine parte, per competenza, proprio dall’Ufficio Passaporti di Casablanca: la vittima è Issa Diakitè, maliano di 27 anni, il cui arrivo in città è regiL’esordio strato qualche tempo prima al Centro di accoglienza migranti. Dagli uffici alla strada il passo è breve: lì il commissario si muove ancora bene grazie ai contatti e viene affiancato da poliziotti-impiegati, stanziali per ruolo ma qui trasformati in una goffa quanto volenterosa Squadra Mobile.
C’è una città criminale che vive e prospera, che si nasconde in un «mondo di sotto», invisibile o colpevolmente non visto, reso nel romanzo dai labirintici garage delle Torri Bianche nel quartiere Gratosoglio, teatro di un brutale pestaggio; e c’è una città dei buoni, quella dei poliziotti e dei giornalisti; di baristi, commessi, portinai, pasticcieri, operatori sociali; delle persone che fanno il loro dovere come la signora Terzaghi che quel giovane morto l’aveva incontrato... Il romanzo coglie la realtà e le sue contraddizioni, le due Milano non sono divise e lontane ma limitrofe, convivono. La città è cornice e contenuto, forma e sostanza. All’indagine sulla ricostruzione delle ultime ore di Issa, si aggiunge un secondo caso, destinato a incrociarsi col primo, la sparizione di un ragazzo, Kevin, avvenuta nelle stesse ore: le intimidazioni fatte alla madre lasciano intendere che si sia cacciato in un grosso guaio.
da scrittore di Maggioni (Milano, 1982), giornalista, inviato di Rai News 24, è un libro ben fatto, orchestrato con mestiere. E se la squadra dei giallisti che raccontano Milano è oggi quanto mai affollata, Maggioni ha già un posto da titolare grazie al valore aggiunto che è il bagaglio da cronista. Elemento distintivo che gli consente uno sguardo allenato e ravvicinato sulle cose che narra, così simili a quelle che ha già seguito giornalisticamente e raccontato con articoli e servizi. Una confidenza con la materia che accorcia le distanze tra la realtà e la finzione; e arricchisce il patto tra il narratore e il lettore. Non è un caso che uno dei personaggi più riusciti del romanzo sia proprio il reporter Torre.
Maggioni ha una prosa fluida, sicura, divertita: alla curiosità per fatti, persone, situazioni, luoghi assomma il gusto di raccontarli, arricchirli di toni e sfumature. Perché in una città — a Milano soprattutto — nulla è solo bianco o solo nero, tutto è un arcobaleno di colori: il giallo (che fa subito crimini, indagini, misteri), il rosa (per l’animo romantico di Casablanca), l’arancione (tinta scelta per un matrimonio fashion che s’ha da fare), la nera (intesa come la cronaca giornalistica come si fa oggi: articoli scritti al volo, inviati in redazione e subito messi online), il nerazzurro (calcisticamente parlando senza alternative); poi le luci e i lustrini del centro; il bianco sporco, quasi grigio delle periferie; il verde della metropoli green; l’oscurità della notte, che fa sembrare San Siro un’astronave e il vecchio Capolinea Jazz Club un miraggio... Comunque e dovunque una città vera e vissuta. «Alcuni episodi raccontati in questo libro sono ispirati da fatti di cronaca, altri dai tic della nostra professione. I luoghi sono reali, i personaggi e le dinamiche che ci si muovono dentro frutto esclusivo della mia fantasia», conferma Maggioni nei ringraziamenti. E aggiunge: «Questa storia è una lunga rincorsa a un sogno ed è nata nell’estate del 2016, sul lavoro, mentre seguivo la crisi umanitaria dei migranti».
Una ragione in più che fa dire ai giornalisti: abbiamo una storia. E ai lettori: abbiamo anche uno scrittore che la sa raccontare.