Corriere della Sera

«All’Ue serve un esercito Basta decisioni all’unanimità»

«È fondamenta­le, come avverrà in settimana, che il presidente Draghi riferisca alle Camere E serve con urgenza una revisione del Pnrr» La presidente del Senato: sì a un esercito europeo

- di Paola Di Caro

All’Unione Europea «serve un esercito comune» per diventare più forte «così da non essere a rimorchio degli altri e affermare un’autonoma politica estera», dice la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. «Basta prendere decisioni all’unanimità». Il Parlamento, spiega, «deve essere determinan­te per gli indirizzi da dare al governo sulla guerra. La pace sia cercata anche a livello internazio­nale».

Quasi quattro mesi fa, Maria Elisabetta Casellati veniva candidata dal centrodest­ra al Quirinale, ottenendo un oggettivo riconoscim­ento ma meno voti — furono 382 — di quelli attesi. Uno strappo che ancora pesa nella coalizione ma lei — da presidente del Senato, massima carica istituzion­ale mai rivestita da una donna in Italia — non ha rimorsi né rimpianti: «È un onore essere stata la donna più votata alle elezioni presidenzi­ali nella storia della Repubblica. Per di più con un corpo elettorale ridotto della metà per l’astensione della sinistra. Quanto ai franchi tiratori, le elezioni presidenzi­ali passate hanno visto cadere nomi illustri, come Prodi e Fanfani, sotto il fuoco amico. Cercarne le ragioni è un esercizio che non mi appassiona, anche perché spesso come la storia ci insegna di ragioni vere non ce ne sono».

Se sia stato o no il «fattore donna» ad aver pesato, non lo dice: «Non so se mi abbia penalizzat­o». Salvo osservare che «in più di 70 anni l’unico precedente significat­ivo è stato quello di Nilde Iotti con 249 voti». Ma è ora di continuare il cammino, in tempi complessi e drammatici. Quelli della guerra in Ucraina, che dovrà portare ad una nuova Europa politica, con un esercito comune, ed economica attraverso «un nuovo piano Marshall». Ma anche un ruolo più centrale del Parlamento, che ora sarà «determinan­te nell’ascoltare e decidere» la linea del governo.

Più forze politiche ormai chiedono di spingere per trattative e cessate il fuoco in Ucraina. La strada «pacifista» è stata battuta troppo poco dal governo?

«È evidente che tutti aspiriamo alla pace perché ogni guerra rappresent­a una tragica frattura dell’umanità. Però la parola pace ha un senso solo se è raggiungib­ile. Ci stiamo confrontan­do con una guerra a più dimensioni che ha sconvolto l’architettu­ra dei poteri a livello internazio­nale. E quindi è a livello internazio­nale che va ricercata la soluzione negoziale, mettendo attorno al tavolo non solo Russia e Ucraina, ma anche le grandi potenze, come gli Stati Uniti, la Cina e ovviamente l’Unione Europea. Ma parlo di una Ue che non sia a rimorchio degli altri, ma che sappia affermare una sua autonoma politica estera e di difesa, superando divisioni e incertezze che la condannano all’irrilevanz­a. Se è vero come è vero che le spese militari degli Stati dell’Ue sono quattro volte superiori a quelle della Russia, vuol dire che non c’è un problema di risorse per gli armamenti. Ma semmai di razionaliz­zazione della spesa insieme ad una unità di comando. Basterebbe dunque una volontà politica comune di costruire un esercito europeo che vorrebbe dire, come tutti sanno, che un altro pezzo di Europa è stato fatto».

Intanto il premier Draghi

è stato negli Usa senza prima un mandato ad hoc del Parlamento, come chiedevano alcune forze politiche. Le Camere sono state coinvolte a sufficienz­a sulla guerra?

«Ritengo fondamenta­le che, come avverrà in settimana, il presidente Draghi venga a riferire al Parlamento sugli esiti della visita negli Stati Uniti e del suo confronto con il presidente Biden. È qui che il Parlamento dovrà avere un ruolo determinan­te nell’ascoltare e nel decidere gli indirizzi da dare al governo».

La guerra porta con sé effetti su economie anche non direttamen­te coinvolte. Quanto gravi secondo lei?

«In un sistema globale di relazioni economiche sempre più interdipen­denti, la dimensione lacerante del conflitto Russia-Ucraina evidenzia tutta la fragilità di strategie che soltanto ieri potevano essere efficaci e che oggi invece non sono più sufficient­i. Mi preoccupan­o la mancanza di autosuffic­ienza energetica e alimentare, l’aumento dei prezzi, la scarsità di materie prime. In particolar­e, la crisi alimentare peserebbe in maniera preoccupan­te a livello globale su Paesi come quelli africani che per la lotta alla sopravvive­nza sarebbero spinti ulteriorme­nte all’immigrazio­ne».

E come si sta muovendo il governo secondo lei? Va rivisto il Pnrr?

«Dobbiamo superare il rischio che alla galoppante inflazione si accompagni anche la stagnazion­e. Serve con urgenza un cambio di passo sostanzial­e verso una profonda revisione del Pnrr. Una riforma che deve necessaria­mente partire dal livello europeo ed essere finanziata con debito comune, evitando che le sanzioni finiscano per colpire prevalente­mente chi le infligge piuttosto di chi le subisce. In questa direzione, è urgente superare le divisioni tra Paesi frugali e non, che sembravano appartener­e al passato. E, a ragione, a mio parere Draghi si sta battendo per una modifica dei Trattati europei per eliminare la regola dell’unanimità. Un paradosso intollerab­ile perché la dittatura di una minoranza finisce per sacrificar­e gli interessi reali della maggioranz­a. Un grave vulnus alla democrazia».

La ripresa economica è a rischio: quali dovrebbero essere le priorità della politica?

«Gli effetti della crisi non sono distribuit­i egualmente a livello internazio­nale. L’Europa e in particolar­e l’Italia sono tra le aree più colpite. Vi è il rischio che la crisi economica diventi una crisi sociale. Sono molto preoccupat­a per famiglie e imprese. Le bollette energetich­e stanno diventando insostenib­ili per tutti e questo, a cascata, riduce i consumi e quindi la produzione. Molti settori economici stanno risentendo della guerra in Ucraina più che della pandemia. Penso davvero che servirebbe un nuovo Piano Marshall per l’Europa».

Dopo l’esperienza del governo Draghi di unità nazionale, crede che il centrodest­ra e il centrosini­stra potranno essere ancora i poli che si sfidano per il governo alle prossime elezioni? O dobbiamo immaginare nuove alleanze, perfino una nuova unità nazionale?

«Il governo Draghi nasce in un momento eccezional­e sostenuto da una coalizione di unità nazionale per affrontare la grave emergenza sanitaria della pandemia e per rispettare le scadenze del Pnrr, alle quali è legata la ripartenza del nostro Paese. Fare “fantapolit­ica” non mi interessa. Saranno i partiti a decidere in base ai programmi che cosa fare».

Con il taglio dei parlamenta­ri, Camera e Senato potrebbero perdere ulteriorme­nte ruolo o ragion d’essere?

«Non condivido affatto questo scenario apocalitti­co delle Camere. Meno parlamenta­ri non portano ad un Parlamento declassato, ma ad un Parlamento che potenzialm­ente potrà svolgere le sue funzioni in maniera più agile. Non viene toccata la sua centralità nel rapporto con gli altri poteri dello Stato, a beneficio dello stesso governo. Perché, come è stato autorevolm­ente sostenuto, ad un Parlamento forte corrispond­e un governo forte, ad un Parlamento debole corrispond­e un governo debole».

Mercoledì il Senato, insieme ad altre istituzion­i, è stato oggetto di un attacco cibernetic­o. La preoccupa?

«Sono preoccupat­a sul futuro della cyberguerr­a. Dobbiamo fare di più su quella che è la vera sfida del presente e del futuro. Bisogna tenere alta la guardia. Dietro un attacco hacker c’è molto più di un portale inaccessib­ile per qualche ora. In gioco ci sono i nostri diritti costituzio­nali, la tutela delle libertà fondamenta­li in tutti gli ambiti della nostra vita, da quelli comuni fino a quelli più delicati e sensibili come i dati personali. Per questo ho chiesto di attivare in Senato misure anche straordina­rie per tutelare il nostro sistema informatic­o e quanto in esso contenuto».

L’Unione Europea non sia a rimorchio degli altri ma sappia affermare una sua autonoma politica estera superando le divisioni

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Palazzo Madama Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato
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(Epa) Nella capitale Un soldato dell’esercito ucraino impegnato sul campo di battaglia mostra un’arma antidrone a Kiev

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