Zelensky, i Måneskin, l’allarme La guerra arriva all’Eurovision
Durante la finale arriva l’allarme: hacker filorussi pronti a bloccare il conteggio delle preferenze L’invito del presidente Zelensky a votare i Kalush La preghiera della band ucraina: aiutate Mariupol Mahmood e Blanco incantano con la loro «Brividi»
Anche il presidente Zelensky «arriva» all’Eurovision. E invita a votare la Kalush Orchestra (nella foto), il gruppo ucraino in gara a Torino. Ma è allarme hacker per bloccare la votazione. Emozione per l’esibizione di Mahmood e Blanco, ovazione per i Måneskin, vincitori un anno fa.
TORINO Zelensky che con un video invita a votare l’ucraina Kalush Orchestra, gli hacker filorussi che minacciano un attacco informatico per impedirne la vittoria, la sigla di apertura con i Rockin1000 che suonano «Give Peace a Chance»: la notte di Eurovision da musicale diventa politica perché la risonanza di un trionfo della band gialloblu farebbe clamore. Dopo l’esibizione sul palco il gruppo lancia il carico da novanta, con un appello in mondovisione (a rischio squalifica per le norme eurovisive): «Aiutate il popolo ucraino, aiutate Mariupol». Applausi e standing ovation.
Se il vento della solidarietà spinge l’Ucraina, l’onda del tifo in platea supporta Mahmood e Blanco che giocano in casa. C’è poi l’incognita dei gusti europei che apre orizzonti diversi: Svezia e Armenia comunque le migliori. L’apertura della serata è stata con la voce di Laura Pausini. Un medley di 5 brani: «Benvenuto», «La solitudine», «Le cose che vivi», «Io canto» e «Scatola», ognuna con un outfit di colore diverso con cambi d’abito fulminei che manco Brachetti. Poi il format dello show si prende la scena e parte la gara, un treno con 25 fermate che non ammette pause. La stazione numero 9 è quella che prevede la discesa di Mahmood e Blanco: facile il gioco di parole, l’esibizione è da «Brividi» con il Pala Olimpico che si accende in un canto corale.
Non solo l’Italia, ma anche gli altri Big Five (le nazioni che arrivano direttamente in finale): la Francia (sound elettronici fusi al dialetto bretone), la Spagna (spicca più la sensualità della sonorità del brano), la Germania (pop tedesco che sembra però arrivare da un pub di Londra) e l’Inghilterra (il cantante funziona sulla breva distanza, viene da Tik Tok e si esaurisce subito come un video di 10 secondi).
In attesa di capire quale Paese ospiterà la prossima edizione, il bilancio dice che gli ascolti (al netto della finale) sono stati ottimi, con uno zoccolo duro di cinque milioni e mezzo di spettatori che si sono appassionati alle prove di cantanti sconosciuti. Merito di un format snello, che corre veloce all’interno di una scaletta fin troppo rigida, che non lascia nessuna possibilità di divagazioni (anche il «porca vacca» della Pausini era previsto). Il lato debole sta nella conduzione ma è difficile trovare una soluzione migliore. I presentatori ufficiali (Mika, Cattelan, Pausini) si occupano della versione internazionale, anche se poi in ogni Paese vengono «oscurati» dalle voci dei commentatori fuori campo a cui ricorre ogni televisione locale. E così alla fine sembrano un po’ sprecati, figure di spicco che fanno da contorno.
La versione di Rai1 era affidata al trio Malgioglio, Corsi e Di Domenico: troppe tre voci anche perché gli spazi di intervento sono molto limitati (e a farne le spese è stata Carolina Di Domenico). Se Gabriele Corsi è un po’ troppo ragioniere (ma è anche obbligato a spiegare quello che succede),