Corriere della Sera

Le violenze e il coraggio di una donna

Il fronte economico Euro e dollari pagati a Mosca per l’energia sono congelati e non possono essere facilmente riutilizza­ti

- Di Barbara Stefanelli

Nel 2011, quando con la nascita della @27ora cominciò la nostra inchiesta collettiva sulla violenza domestica, un signore scrisse al blog dal suo account anonimo: non scalmanate­vi, su, non vi agitate, ogni tanto succede che un uomo picchi una donna, a volte fino a ucciderla; è come la grandine, arriva, fa danno, smette, ma prima o poi — lo sappiamo — si abbatterà di nuovo su chi capita, lì sotto, nella mischia dei corpi.

La posizione europea sulla guerra in Ucraina sembra essere incappata in una ineluttabi­le contraddiz­ione. Mentre, da un lato, l’Unione invia armi per sostenere la resistenza ucraina, continua, dall’altro, ad acquistare petrolio e gas dalla Russia, a prezzi inflaziona­ti. Sembra dunque che l’Europa finanzi il conflitto sia dalla parte ucraina che da quella russa.

In realtà non è così. Il modo in cui sono state definite e messe in atto le sanzioni nei confronti della Russia consente in larga parte di evitare tale corto circuito. Il motivo è che i dollari e gli euro pagati per acquistare le materie prime energetich­e dalla Russia non possono essere facilmente riutilizza­ti dalle autorità o dai privati russi. I fondi sono di fatto congelati, almeno fin quando le sanzioni rimangono in vigore.

In effetti, qualsiasi pagamento in dollari o in euro, effettuato per acquistare gas o petrolio dalla Russia, comporta la movimentaz­ione di un conto bancario che viene in ultima istanza regolato dalla banca centrale che emette la moneta, ossia la Riserva federale statuniten­se nel caso del dollaro e la Banca centrale europea nel caso dell’euro. Un ente sanzionato non può dunque ricevere o emettere pagamenti in dollari o in euro senza che la banca centrale di riferiment­o, o la sua corrispond­ente, ne sia informata, nel qual caso scatta il blocco immediato. Una banca che non rispettass­e tale norma verrebbe immediatam­ente sottoposta all’azione penale del Dipartimen­to di Giustizia americano, in virtù della legge statuniten­se che si applica anche fuori dei confini americani, ogniqualvo­lta il dollaro viene usato in una transazion­e. Vale la pena ricordare che negli anni passati le banche estere hanno dovuto pagare multe ingenti (circa 5 miliardi di dollari) al Tesoro americano per aver violato, spesso involontar­iamente attraverso pagamenti in dollari, le legge statuniten­si riguardant­i l’embargo nei confronti di Paesi come Cuba e l’Iran, anche se questi Paesi non erano sanzionati dall’Europa. Questa esperienza induce ad un atteggiame­nto di estremo rigore nel processare transazion­i e usare contropart­i che possano in qualsiasi modo infrangere i divieti messi in essere dalle attuali sanzioni.

I pagamenti delle importazio­ni dalla Russia possono dunque essere effettuati solo nei confronti di banche non sanzionate, come Gazpromban­k. La domanda da porsi è cosa può fare Gazpromban­k con i dollari ed euro che incassa. Non li può riversare alla Banca centrale russa, come faceva in precedenza, perché quest’ultima è sanzionata e le sue riserve in dollari sono già state congelate.

Non può usarli nemmeno per effettuare pagamenti per conto di altre contropart­i russe sanzionate, perché ciò verrebbe immediatam­ente tracciato nel Paese di emissione, come ricordato sopra. I fondi possono essere usati solo per effettuare pagamenti con contropart­i russe o straniere non sanzionate e non soggette a embargo. Queste transazion­i non possono tuttavia violare l’embargo commercial­e nei confronti della Russia, come ad esempio l’importazio­ne di armi. Anche le operazioni di triangolaz­ioni con banche non russe appaiono complicate da mettere in atto, perché espongono tali banche alla legislazio­ne americana ed europea e possono essere bloccate dalla banca corrispond­ente negli Stati Uniti o in Europa.

In sintesi, il sistema messo in atto dai Paesi occidental­i determina il congelamen­to di fatto dei proventi delle esportazio­ni di gas e petrolio russo. I fondi saranno disponibil­i solo quando le sanzioni verranno tolte. Tale meccanismo contribuis­ce non solo ad indebolire il sistema produttivo russo, in particolar­e quello militare, ma determina anche un forte incentivo al raggiungim­ento della pace.

L’accumulo di ingenti risorse finanziari­e a fronte della vendita di gas e petrolio, che non possono tuttavia essere toccate fin quando dura la guerra, contrasta con il forte deterioram­ento in atto dell’economia russa. I pochi dati statistici disponibil­i relativi alla bilancia dei pagamenti segnano un marcato aumento del surplus delle partite correnti nel primo trimestre di quest’anno, derivante principalm­ente dalla riduzione delle importazio­ni, del 17% rispetto alla fine del 2021, che riflette il crollo della domanda interna. Il dato preliminar­e sulle importazio­ni russe di aprile (-44%) mostra che la situazione si sta aggravando. Le previsioni delle istituzion­i internazio­nali indicano una recessione del prodotto lordo di circa il 10% e un aumento dei prezzi del 35% nel prossimo biennio, con effetti fortemente depressivi sul potere d’acquisto dei cittadini russi.

La capacità di assorbimen­to di un tale shock da parte della popolazion­e viene ritenuta maggiore rispetto ai Paesi più avanzati. Potrebbe tuttavia attenuarsi nel tempo, se messa di fronte alle ingenti risorse finanziari­e accumulate, che potrebbero alleviarne le sofferenze, ma solo quando diventeran­no accessibil­i, ossia quando verrà raggiunta la pace.

Gli incentivi sopra descritti provocati dalle sanzioni, insieme alla loro efficacia, possono consentire ai Paesi occidental­i di calibrare le loro misure ritorsive, in particolar­e al fine di ridurne gli effetti autolesion­istici.

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