«Non prevedo negoziati seri: Mosca tratterà solo se abbatte la resistenza»
Venerdì 13 maggio, il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin ha chiamato il ministro russo Sergey Shoigu. «D’accordo, ma non è l’inizio di una vera fase di negoziati. Non siamo ancora arrivati a quel punto. Usa ed Europa dovranno fare di più, occorre uno sforzo di creatività politica e diplomatica».
Vali Nasr, 61 anni, è uno dei massimi esperti americani di relazioni internazionali. Insegna alla Johns Hopkins University di Washington.
Biden ha riaperto le comunicazioni con il Cremlino. Possiamo sperare che a breve ci sia almeno «un cessate il fuoco»?
«Non credo che i russi lo accetteranno. Ho l’impressione che Putin sia talmente diffidente da immaginare che la tregua verrebbe usata dagli americani per armare ancora di più l’esercito di Zelensky. D’altra parte la situazione sul campo è così instabile che oggi sarebbe davvero difficile far rispettare il “cessate il fuoco”».
Quindi non vede spiragli per una trattativa?
«Non ora. Continuo a pensare che Mosca sarà interessata a discutere solo dopo aver acquisito il controllo di una larga parte del territorio ucraino. In altri termini i russi si siederanno al tavolo quando potranno dimostrare di aver stroncato o almeno neutralizzato la resistenza ucraina».
Ma allora perché gli americani si sono mossi proprio ora?
«Probabilmente il governo Usa ritiene che dal punto di vista politico e militare sia vantaggioso provare a sondare i russi. La posizione dell’esercito ucraino sul campo è molto più precaria di quanto sembri. L’obiettivo degli americani è consentire a Zelensky di presentarsi in una posizione di maggiore forza possibile al negoziato. Se davvero l’armata russa fosse vicina al collasso, non credo che Austin sarebbe uscito allo scoperto. Avrebbe semplicemente aspettato la chiamata dal Cremlino».
Sulla decisione di Biden hanno pesato anche le pressioni dei leader europei, a cominciare da Mario Draghi?
«Non solo Draghi. Tutti i leader dei grandi Paesi europei spingono per riattivare il
L’Europa
Non solo Draghi. Tutti i leader dei grandi Paesi europei spingono per il dialogo con Putin
dialogo con Putin. Gli europei mi sembrano in difficoltà perché devono gestire due spinte contrastanti. Sul piano etico-morale, in Europa c’è grande indignazione per il comportamento dei russi. Ma le punizioni escogitate, cioè le sanzioni, stanno agitando larga parte dell’opinione pubblica. Il caso più evidente è la Germania, naturalmente. Il governo di Berlino dice di essere pronto a rinunciare al gas russo. Ma dove si procurerà il gas necessario? A quale prezzo?»
Quindi, è la strategia di fondo degli occidentali che non va?
«Beh, oggettivamente l’Occidente non ha ottenuto alcun risultato concreto. Il problema, ripeto, è soprattutto per gli europei. In questa fase insistono sul negoziato anche per dimostrare ai cittadini che stanno facendo il possibile per fermare la guerra. Ma se Putin non accetta, allora bisognerà andare avanti con le sanzioni e i sacrifici. Un po’ poco. Abbiamo bisogno che i leader esplorino altre strade. Serve un salto di creatività politica e diplomatica».