Gli «sminatori» di Palazzo Chigi e le pressioni gialloverdi
SORRENTO La nota vergata e limata dallo staff di Conte piomba su Palazzo Chigi che sta facendo buio, dopo che Salvini aveva aperto nel governo un nuovo fronte di scontro: no all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, perché «quel che allontana la pace va messo in lista di attesa». I due leader si studiano, si rincorrono, cercano l’uno di recuperare i voti perduti e l’altro di riagganciare nei sondaggi Giorgia Meloni. E intanto il presidente del Movimento e il segretario della Lega si strizzano l’occhio dallo specchietto retrovisore, perché in futuro, chissà, un nuovo governo giallo-verde può sempre saltar fuori. Nulla di tutto questo sfugge a chi abita le stanze giallo oro di Palazzo Chigi, dove è forte lo sgomento per i continui attacchi del predecessore al presidente in carica. E ora, nonostante la tregua siglata nell’ultimo faccia a faccia, anche Salvini tuona e rilancia. Che farà, Mario Draghi? Al momento nulla — il botta e risposta politico quotidiano non è nelle sue corde — se non recarsi giovedì 19 prima alla Camera e poi al Senato per l’attesissima informativa sulla guerra in Ucraina. Il capo del governo si è consultato con i ministri della Difesa e degli Esteri, Guerini e Di Maio, per avere tutti gli elementi sulla situazione militare e diplomatica. Parlerà circa venti minuti, Draghi, fornirà nuovi dettagli sul colloquio con Biden e nulla dirà sul terzo decreto armi, la cui lista è secretata, né sul probabile futuro quarto decreto. «Anche solo parlarne vorrebbe dire che Conte ci ha messo in difficoltà — spiega un esponente del governo molto vicino a Draghi —. Ma non è vero, perché il voto dell’1 marzo in Parlamento “copre” l’invio di armamenti fino al 31 dicembre 2022». Eppure a Chigi gli sminatori sono al lavoro, perché il premier non vuole sorprese dai partiti che, sia pure senza troppo entusiasmo, lo sostengono. Poiché i contiani irriducibili sperano di convincere già lunedì la conferenza dei capigruppo a trasformare l’informativa in comunicazioni del premier, così da poter offrire al voto una mozione, ieri gli ambasciatori del governo hanno sondato il M5S e la mossa non sembrava imminente. Invece al tramonto è arrivato l’altolà di Conte, che chiede un voto in Aula prima possibile «per fare chiarezza» sulla linea di Draghi. Se a Chigi ostentano una calma quasi olimpica, al Nazareno c’è preoccupazione: e se il continuo gioco di alzare l’asticella si trasformasse in un boomerang per Conte? E se il suo antidraghismo finisse per saldarsi con il neopacifismo di Salvini? Tra Chigi e il Nazareno fanno scongiuri e sfogliano il calendario: «Per fortuna il voto sulla Nato è lontano».