«Il Parlamento agisca, ma una norma non salverà le donne La sfida è culturale»
Caro direttore, come è noto la vicenda dell’ultimo raduno degli alpini ha sollevato polemiche, anche all’interno del mio partito. Apprezzo la chiara posizione assunta dal Pd e dalla Conferenze delle donne e reputo doverosa la decisione della coordinatrice delle democratiche di Rimini di dimettersi dopo le sue dichiarazioni. Nessuno, infatti, contesta l’importanza della denuncia, ma questa non deve essere la ragione perché le donne siano credute.
Io credo alle parole di quelle donne di Rimini molestate e per questo le esorto a denunciare (cosa che stanno facendo). Non il contrario. Sapendo che la violenza — anche se non denunciata — resta vera. E fa male. Così come so che la responsabilità penale è individuale, senza che questo voglia dire sottrarsi alla riflessione su una subcultura maschilista e patriarcale che, nel Paese, è ancora radicata. È innegabile come quasi sempre vengano sminuiti — definendoli divertenti e goliardici oppure, al massimo, un pò grevi — comportamenti e affermazioni che sono molestie sessuali, fisiche e verbali. Cosa sia la molestia sessuale l’ha spiegato bene, su questo giornale, Massimo Gramellini nella sua rubrica «Il caffè» dell’11 maggio. Lo sanno bene cosa sia le donne e lo sanno bene le lavoratrici, che nella maggior parte dei casi scelgono di non denunciare per vergogna, paura di non essere credute, timore di essere ricattate o licenziate e per sfiducia verso lo Stato.
Nel 2019 l’Oil ha approvato la Convenzione contro le molestie sul lavoro, fenomeno che colpisce massicciamente le donne, e recepita anche dall’Italia. Un passaggio importante che andrebbe completato con l’approvazione di un ddl che rafforzi l’azione. Ne sono stata sempre convinta, tanto da averne depositato uno in Parlamento ad inizio legislatura, di cui sono relatrice in Commissione Lavoro. Un testo che richiama l’articolo 26 del codice delle pari opportunità per spiegare cosa sia una molestia: «Comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice». Pur esortando il Parlamento a compiere questo scatto, resto convinta che nessuna norma ci salverà. L’abbiamo detto anche approvando, con soddisfazione, le più recenti leggi contro la violenza di genere. Come sostiene infatti la filosofa — e amica — Giorgia Serughetti, va sciolto il nodo del problema: il rapporto fra sessualità maschile e potere, che non è un fatto naturale immutabile, bensì una sfida culturale per una rivoluzione della mentalità, che passa anche per il linguaggio, l’informazione e gli stessi tribunali, dove la vittimizzazione secondaria è ancora molto, molto penetrante. Purtroppo. Perciò mi auguro che il quotidiano da Lei diretto prosegua nella corretta informazione su un tema così delicato al fine di contribuire a sostenere il cambiamento culturale degli uomini nel rapporto con le donne in direzione del pieno rispetto.
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Nessuno contesta il peso della denuncia, ma questa non deve essere la ragione perché le donne siano credute Io credo alle riminesi molestate perciò le esorto a denunciare