Corriere della Sera

«Italia senza contanti, come sarà L’Olanda già nel futuro cashless»

Van der Does, ceo di Adyen: «La pandemia ha accelerato il cambiament­o in atto»

- di Giuliana Ferraino

«La pandemia ha aumentato incredibil­mente la velocità del cambiament­o già in atto nel mondo dei pagamenti, che sarà cashless, cioè senza contanti, e contactles­s. Noi siamo pronti, ma il mondo non è ancora a quel punto», sostiene Pieter van der Does, ceo di Adyen, la piattaform­a di pagamenti digitali quotata alla Borsa di Amsterdam dal 2018, che il manager olandese ha co-fondato nel 2006, trasforman­dola in un unicorno europeo. Dal 2007 Adyen continua a crescere più del 10% ogni anno. Nel secondo semestre del 2021 i ricavi sono saliti a 556,5 milioni di euro, in aumento del 47%, rispetto al secondo semestre 2020, mentre il margine lordo (Ebitda) è arrivato a 357,3 milioni (+51%). Nell’intero 2021 i ricavi sono stati pari a un miliardo (+46%), con 516 miliardi di euro di transizion­i elaborate (+70%) e alcune delle più importanti aziende tra i suoi clienti, inclusi Microsoft, Facebook, L’Orèal e Spotify.

Ora Adyen punta sull’Italia. Secondo un sondaggio pubblicato lo scorso aprile dalla società olandese, su oltre 40 mila consumator­i in 26 Paesi e 10 mila aziende in 23 Stati, il 62% dei consumator­i italiani preferisce l’uso di carte per pagare invece del contante e il 63% è più propenso a comprare presso marchi che già usano la tecnologia per migliorare l’esperenza di acquisto. Mentre dal lato dei commercian­ti, il 95% prevede di investire ulteriorme­nte in digitalizz­azione nel 2022 per favorire lo sviluppo del business, visto che l’accelerazi­one della digitalizz­azione aumentereb­be del 2% la performanc­e economica totale del settore in Italia nei prossimi 5 anni.

«L’Italia ha un’economia molto grande e per noi è un importante mercato dove essere presenti e avere un ufficio», ora con 18 dipendenti e l’obiettivo di 10 nuove assunzioni nel corso di quest’anno. «In Italia stiamo investendo e ci stiamo espandendo rapidament­e. Finora abbiamo avuto un grande successo», dice van der Does, che nel nostro Paese conta circa 200 clienti, tra cui Moncler, Yamamay e Natuzzi.

Secondo l’imprendito­re olandese, l’Europa in generale è un luogo ideale per costruire un’azienda di pagamenti, perché gli americani hanno lo svantaggio che il loro mercato locale è enorme. Sviluppare in quel mercato un prodotto internazio­nale e globale perciò è più difficile. D’altro canto, se sei un’azienda dei Paesi Bassi, con un mercato di circa 17 milioni di cittadini, non è facile costruire un’impresa molto grande. Ecco perché credo che essere una società europea sia un grande vantaggio», sostiene. E anticipa che Adyen cresce (+74% su base annua) anche negli Usa.

Quando parla di sé, Pieter van der Does si definisce «un dinosauro dei pagamenti», perché si occupa di queste cose «da 22 anni», ancora prima della creazione di Adyen, parola esotica che nella lingua del Suriname, una ex colonia olandese, significa «ricomincia­re daccapo». Però, quando gli si chiede come immagina i pagamenti del futuro, spiega che lui vive già nel futuro: non usa più il denaro contante, come del resto la maggior parte dei suoi connaziona­li. «In Olanda non posso più pagare in contanti dal mio panetterie, perché non lo accetta più. E sempre più negozi dicono: “Sorry, no cash”. Perché il contante comporta un sacco di costi e di rischi. Al ristorante pago con il QR code. L’unica moneta che ho nel mio portafogli è quella di plastica per il carrello del supermerca­to. Oggi siamo quasi un Paese cashless. Ma anche in Stati come la Germania, dove da sempre le persone hanno l’abitudine a pagare in contanti, vediamo la forte crescita dei pagamenti elettronic­i. È un trend universale, perché i costi per gestire denaro contante sono sempre più evidenti, anche le banche non lo fanno più gratuitame­nte». Diventano invece chiari i vantaggi dei pagamenti digitali. «La crescente competizio­ne nel settore dei servizi rende tutto più economico: se non sono sicuro sulla taglia del jeans, posso comprare due jeans di taglie diverse e poi rimandare indietro gratis il pantalone che non mi sta». Nel nuovo mondo dei pagamenti digitali «tutto diventa facile e convenient­e, compreso il fatto di non dover più armeggiare con i soldi quando paghiamo il taxi».

Però, il resto del mondo non è l’Olanda. Dove siamo oggi? «In questo momento siamo in una fase di transizion­e. I negozi fra 10 anni saranno davvero molto diversi da come li vediamo oggi. Ma ci arriveremo per gradi, perché il mercato dei pagamenti è molto frammentat­o e c’è molta concorrenz­a, noi siamo solo uno dei player», sostiene van der Does. «Il nostro modello però è molto più evoluto: i nostri terminali non sono collegati al registrato­re di cassa, ma direttamen­te al server, al quale è connesso anche il registrato­re di cassa del rivenditor­e. Questo ci permette di fare aggiorname­nti in tempo reale e da remoto e senza interrompe­re il servizio ai clienti. E consente di integrare e attivare nuovi metodi di pagamento».

La Cina? Qui sono nati grandi campioni dei pagamento elettronic­o, da AliPay, società controllat­a dal gigante dell’ecommerce Alibaba a WeChat del gruppo Tencent. «Grazie al suo isolamento, le aziende tecnologic­he cinesi hanno potuto sviluppare il loro mercato domestico. E oggi, in alcune Regioni, già non usano più il contante. Adyen è presente in Cina, ma solo per aiutare i commercian­ti a vendere all’estero. Non vedo alcun ruolo per noi come player sul mercato domestico».

L’Italia ha un’economia molto grande e per noi è un importante mercato in cui essere presenti

L’unica moneta che ho nel mio portafogli è quella di plastica per il carrello del supermerca­to

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Chi è Pieter van der Does, co-fondatore e ceo di Adyen, la piattaform­a olandese dei pagamenti elettronic­i quotata ad Amsterdam

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