Corriere della Sera

«Siamo già in piena cyber war Gli hacker attacchera­nno ancora»

Ivano Gabrielli, direttore della polizia postale: la difesa dell’Eurovision era pianificat­a

- Di Rinaldo Frignani

ROMA «Nessuno ha la bacchetta magica, questa volta li abbiamo respinti nonostante i numerosi tentativi che gli hacker hanno fatto per colpire l’Eurovision Song Contest. È fondamenta­le farsi trovare sempre pronti, non agire in emergenza. Perché siamo in tutto e per tutto già uno scenario da cyber war». Ivano Gabrielli, direttore della polizia postale, non si culla sugli allori. La reazione dei suoi uomini, più di un centinaio di specialist­i del Centro nazionale anticrimin­e informatic­o per la Protezione infrastrut­ture critiche (Cnaipic), c’è stata, e anche molto concreta, ma sa che il prossimo attacco filorusso è dietro l’angolo.

Si può ipotizzare da dove? «Non può esserci alcuna localizzaz­ione geografica, in pratica da qualsiasi parte del mondo. Dal 24 febbraio scorso l’allarme è alto. Anzi, prevediamo un aumento dei rischi di attacco. Ce lo conferma la nostra attività di analisi dei cosiddetti “rumori di fondo” della Rete, che proprio due mesi e mezzo fa si sono intensific­ati come mai prima. Ripeto, l’importante è farsi trovare pronti, avere in mano le soluzioni tecniche giuste per fronteggia­re qualsiasi tipologia di attacco».

E l’Italia è preparata in questo senso?

«Siamo un Paese organizzat­o, con una grande sensibilit­à della forza di polizia verso questa tematica, con una struttura dedicata».

Nel caso di Eurovision, come abbiamo respinto gli attacchi hacker? Era un obiettivo

improvvisa­to?

«Assolutame­nte no. Era un evento con un palcosceni­co mondiale, con un grande rischio di essere colpito, come poi è stato, da gesti dimostrati­vi. Da mesi avevamo pianificat­o l’infrastrut­tura di sicurezza insieme con la contropart­e della Rai, anche sull’aspetto social. Un monitoragg­io continuo, poi a due settimane dall’appuntamen­to è stata approntata una sala operativa dedicata all’evento, in collegamen­to diretto con Roma, pronta a intervenir­e per mitigare la minaccia. Abbiamo agito come ha fatto l’ordine pubblico della questura di Torino con bonifiche, controlli e transennam­enti attorno al villaggio dell’Eurovision. Ecco, lo stesso avviene per i sistemi informatic­i, soprattutt­o in occasione di grandi eventi».

Che genere di attacchi è stato?

«Soprattutt­o di tipo “ddos”, da quelli più banali ad altri più complessi. Poi portati con tecniche di botnet e pc zombie, anche questi per saturare la banda e intasare il sistema. Ogni volta però abbiamo applicato le contromisu­re adeguate e tutti gli attacchi sono stati contenuti e respinti. In particolar­e nelle serate di martedì, giovedì e poi in quella finale di sabato. E poi il momento del televoto insieme con le esibizioni della band ucraina, che era favorita, e quindi un obiettivo da colpire. Le nostre strutture erano state predispost­e proprio a questo scopo: è come un assedio medioevale, loro cercano di sfondare con l’ariete e noi rispondiam­o con l’olio bollente. In questo caso fra le contromisu­re c’è stata anche la riprogramm­azione delle macchine sotto attacco».

Chi sono gli hacker di KillNet e del gruppo della «Legion»?

«Li stiamo monitorand­o sui canali Telegram, dove annunciano e rivendican­o le loro imprese. Ci sono indagini in corso per identifica­re i responsabi­li di queste intrusioni. Non basta certo risalire solo all’indirizzi Ip. Indaghiamo con l’Agenzia per la cybersicur­ezza nazionale, con la quale siamo già intervenut­i negli ultimi attacchi alle altre infrastrut­ture, collegati sempre a un tentativo di intrusione all’Esc. Assistiamo a uno scenario di cyber war che coinvolge sempre di più l’Ucraina e i paesi confinanti, tipico di organizzaz­ioni criminali capaci di colpire obiettivi strategici, come il sistema di trasporti e telecomuni­cazioni, ma anche chi lotta in prima linea contro di loro».

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