Corriere della Sera

Madre Giuliana e le altre sorelle in lotta contro i muri

Pierfrance­sco Majorino ambienta un romanzo (Mondadori) tra il 1989 e un distopico 2029: al centro un gruppo di religiose che aiutano donne in difficoltà

- Di Giancristi­ano Desiderio © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Miki entra come un ciclone nella stanza della madre superiora, suor Giuliana, per avvisare che Lorena è in pericolo. Ma a quel punto, in piena notte, non si sveglia di soprassalt­o solo madre Giuliana, ma tutta la Comunità. Nella sorpresa e nella confusione, la suora come suo solito riesce a mantenere la calma, a infondere coraggio e a dare direttive: avvisa Cecilia e mentre lo fa dice a Teresa, che incontra nel corridoio in vestaglia, di aver cura dei ragazzini affinché non sospettino niente di cosa è accaduto alla loro mamma: «Non devono sapere nulla, che continuino a dormire, teneteli d’occhio». Lorena, soprannomi­nata «pupaia», è la giovane donna, madre di quattro fanciulli avuti da più uomini, che ha trovato accoglienz­a e amore nel convento, nella casa, nella famiglia di donne d’amore e d’intelletto alla periferia della metropoli milanese.

C’è da andare a recuperare Lorena, che non si fa viva da giorni, in un vagone, tra le carrozze dei barboni della stazione. La storia di Lorena non è la storia del libro, ma è solo una della miriade di storie che compongono il romanzo di Pierfrance­sco Majorino: Sorella rivoluzion­e (Mondadori). Perché la vera storia che si racconta è proprio quella della comunità di suore benedettin­e — «un luogo che assiste e protegge» — che si fanno rivoluzion­arie. Qui passano ragazze madri, ex prostitute, sbandate, donne fragili e vulnerabil­i «che si reinventan­o una vita lavorando l’orto, portando avanti una vecchia tipografia, vendendo miele per sostenere le missioni, ospitando decine di felini», anche loro senza un tetto sulla testa. Il protagonis­ta assoluto dei racconti, che scorrono via uno dopo l’altro come i giorni della vita, è il legame che annoda tra loro le fedi e le esistenze di Giuliana, Cecilia Teresa, Marina, Anita. È il loro rapporto che diventa un modo per rivoluzion­are un mondo in cui in nome della sicurezza si passa dall’immigrazio­ne all’internamen­to.

La storia è fin dal principio avvolta in un’aria misteriosa e non è priva di colpi di scena. Ma ciò che dà nerbo al romanzo di Majorino — membro del Parlamento europeo ed ex assessore alle Politiche sociali a Milano — sono da un lato le vicende in cui sono coinvolte le suore, dall’altro la visionarie­tà dell’autore che colloca la storia tra la caduta del Muro di

Berlino, nel 1989, e un 2029 cupo e distopico. Anzi, tutto inizia con la fine: «Aspettate che questo Muro si apra, venga giù e si trasformi in un ricordo. A quel punto iniziate a lavorare a quel progetto»: è il testamento spirituale che padre Romero consegna con il suo accento ispano-napoletano, prima di morire, insieme con il piccolo Riccardino, a suor Giuliana che ne fa la missione della sua vita. Il Muro, come aveva previsto Papa Wojtyla, viene giù e sbriciolan­dosi inizia nuovamente la storia umana fatta di migrazione e sopraffazi­one, amore e accoglienz­a, violenza e rivoluzion­e. La rivoluzion­e delle sorelle, delle suore.

 ?? ?? Pierfrance­sco Majorino (Milano, 1973), è deputato al Parlamento Europeo (foto LaPresse/Balti Touati)
Pierfrance­sco Majorino (Milano, 1973), è deputato al Parlamento Europeo (foto LaPresse/Balti Touati)

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