Corriere della Sera

Da banchieri a granduchi La parabola dei Medici

Una famiglia protagonis­ta del Rinascimen­to

- di Amedeo Feniello

La vicenda del clan Medici ci rimanda ad un Rinascimen­to quotidiano luminoso e ricco ma, al tempo stesso, inquieto e torbido, animato da forti spinte innovative.

Chi sono i Medici? Una famiglia che, grazie alla destrezza che seppe manifestar­e e alle doti personali di alcuni suoi membri — ma, non lo dimentichi­amo, ad un’indubbia componente di fortuna —, trasformò il proprio ruolo così da diventare un modello di ascesa che, dagli affari, li spinse nell’agone della grande politica, italiana ed internazio­nale.

Famiglia marginale nel corso del Trecento, essi cominciano a distinguer­si come usurai e cambiavalu­te, figli di un mondo costruito dal basso fatto di telai per tessere la lana come di lettere di cambio e di note di prestito. Fino a Giovanni di Bicci (1360-1429): il primo della casata a lasciare un’impronta indelebile e a cambiare i destini familiari tramite la banca e la finanza.

Ma il vero deus ex machina fu chi lo seguì subito dopo, Cosimo il Vecchio (13891464). Banchiere e autocrate, è l’uomo che inventa un nuovo modo di fare economia (è, di fatto, tra gli inventori della holding) e costruisce la sua fortuna politica sul danaro e sul credito. Un potere fatto di capitali, alleanze, accordi familiari e di una rinnovata prospettiv­a politica, che svuota dall’interno le istituzion­i comunali fiorentine.

Cosimo tesse strategie, fili, trame, miscelando sapienteme­nte spregiudic­atezza e diplomazia, soprattutt­o grazie alla potenza di fuoco messa a disposizio­ne dal suo core business, intorno cui si cesella lo strapotere familiare interno e internazio­nale, la holding bancaria, idra che agisce dal Sud d’Italia all’Inghilterr­a. E sebbene Cosimo non voglia mai comparire, mostrandos­i apparentem­ente al di fuori dall’azione politica cittadina, nella realtà egli diventa l’unico garante degli equilibri, in una sorta di costante colpo di Stato volto a spicconare le basi consolidat­e della Repubblica, fondando la propria azione sulla solidariet­à di gruppi sempre più folti di «gente nova» che, affine ai Medici, formava una clientela agguerrita e fedele, pronta a crescere sotto la loro ombra.

Dopo Cosimo, il mondo Medici trova in Lorenzo il nuovo, grande protagonis­ta. Per ventitré anni, dal 1469 al 1492, governa Firenze, città, come scrisse Guicciardi­ni, che era diventata ormai tanto potente «più per gli ingegni degli uomini e per la prontezza de’ danari, che per grandezza di dominio».

Lorenzo fu tiranno o principe? Su questi due punti si è giocata una lunga partita interpreta­tiva. Tiranno lo fu, di sicuro. E perseguì l’obiettivo del controllo totale della città con una strategia che finì per concentrar­e il potere all’interno di pochi organismi consiliari guidati da uomini nominati da lui stesso. Ma fu principe: la liberalità, il mecenatism­o, il suo desiderio di lusso, l’attenzione all’arte e alla cultura, l’essere egli stesso fine letterato si coniugaron­o con la sua idea che ogni cosa dovesse avere carattere di affare di Stato, dai matrimoni familiari alle questioni finanziari­e, con un’azione politica di spessore, italiana ed europea.

La grandezza di Lorenzo fu tale da trasformar­e la Repubblica fiorentina in un regime assoluto che fu anche «opera d’arte», per diplomazia, senso politico e accortezza; mentre la sua fortuna, e la sua abilità, divennero elementi di ispirazion­e, nonché di ammirazion­e, per tanti principi europei, persino per il sultano d’Egitto e per il Gran Turco. In questi aspetti risiede gran parte della magnificen­za di Lorenzo, che si condensa nella lucidità di aver saputo fondere la dimestiche­zza politica entro una cornice culturale inedita.

Magnifici eredi, infine, quelli di Cosimo e Lorenzo. Che costruiron­o il Granducato di Toscana. Che guidarono il papato: come Giovanni di Lorenzo de’ Medici, papa Leone X (1513-1521); o Giulio, figlio naturale di Giuliano, nato

” La potenza di Lorenzo fu tale da mutare la Repubblica in un regime assoluto che fu anche «opera d’arte»

Chiesa

I pontefici Leone X, Clemente VII e Leone XI venivano dall’influente casato fiorentino

un mese dopo l’assassinio del padre nel corso della congiura dei Pazzi, che fu papa Clemente VII (1523-1534). Che divennero regine, come Caterina (1519-1589), sposa di re Enrico II di Francia, e Maria (1575-1642) moglie di un altro re di Francia, Enrico IV.

Una distanza enorme li separa dai loro antenati. Essi non hanno più l’odore di bottega o di telaio. Ma i nuovi Medici appartengo­no, ormai, ad un altro mondo, sicuri e capaci di dialogare, a tu per tu, con l’universo delle élites europee.

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 ?? ?? Al vertice In alto: Il Corteo dei Magi (particolar­e) di Benozzo Gozzoli. Il primo dei Magi, da destra, sul cavallo bianco, è un ritratto idealizzat­o di Lorenzo de’ Medici. I due Magi che lo seguono in sella raffiguran­o suo padre, Piero il Gottoso, e suo nonno, Cosimo il Vecchio
Al vertice In alto: Il Corteo dei Magi (particolar­e) di Benozzo Gozzoli. Il primo dei Magi, da destra, sul cavallo bianco, è un ritratto idealizzat­o di Lorenzo de’ Medici. I due Magi che lo seguono in sella raffiguran­o suo padre, Piero il Gottoso, e suo nonno, Cosimo il Vecchio

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