Corriere della Sera

Il linguaggio assennato di Vespa contro il circo mediatico

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Da un po’ di tempo, ho deciso di non occuparmi delle trasmissio­ni che trasforman­o un problema serio come la guerra in circo mediatico, che alimentano la creduloner­ia. Finirei col fare il loro gioco. Gli «sfessati», per usare la felice definizion­e di Fedele Confalonie­ri, resteranno tali, continuera­nno a propalare le loro edificanti frottole con cui mascherano la realtà, incuranti di chi manifesta loro disdegno. E con loro i negazionis­ti, i propagandi­sti a libro paga, i profession­isti della resa, i putiniani nostrani, i Travaglio (intesi come categoria).

Sotto il segno del «contraddit­torio» vedo solo un senso di abbandono e un’incombente catastrofe e non sono certo io quello che può, con i suoi graffiti quotidiani, porre un confine tra la libertà di opinione e il circo con le ballerine russe. Ho scritto con piacere della trasmissio­ne di Enrico Mentana che va in onda ogni giorno nel tardo pomeriggio (con gli interventi di Francesca Mannocchi, Diego Fabbri e Luca Steinmann); ho scritto di Fabio Fazio, elogiando la sua compostezz­a, indispensa­bile per invitare ospiti competenti ed evitare ogni tipo di cagnara.

Non mi resta che fare un ulteriore sforzo e segnalare che da quando la Russia ha invaso l’Ucraina «Porta a porta» di Bruno Vespa ha sempre tenuto la barra dritta. C’è chi insegue il prof. Orsini e chi intervista il presidente Zelensky e queste sono differenze sostanzial­i.

Come ho scritto più volte, Vespa non è un santo del mio paradiso, spesso ci siamo punzecchia­ti ma, in occasioni come queste, gli vanno riconosciu­te doti di profession­alità e responsabi­lità. Gli perdono persino i plastici. Su un evento così tremendo e gravido di conseguenz­e anche per la nostra vita futura non si può eludere la complessit­à. E c’è un solo modo per farlo: sgonfiare ogni vescica malefica con gli spilli di un linguaggio assennato, tenendosi alla larga dai circensi.

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