Corriere della Sera

Sanzioni, Orbán mantiene il veto E attacca l’Occidente: «Suicida»

Il premier ungherese: «Un decennio di guerra davanti a noi». Quotazioni record per il grano

- DALLA NOSTRA CORRISPOND­ENTE Francesca Basso

Ue ancora divisa sul blocco al petrolio in arrivo dalla Russia Intanto Bruxelles ha chiarito come le compagnie energetich­e possono pagare il gas di Mosca senza violare i divieti

BRUXELLES Qualcosa è andato storto nella pianificaz­ione da parte dell’Ue del sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina, che include l’embargo sul petrolio russo. Il risultato è uno stallo nei negoziati tra Commission­e Ue, presidenza francese e Stati membri, con il premier ungherese Viktor Orbán che continua a bloccare il pacchetto. Del resto Orbán lo aveva detto fin dall’inizio della guerra: non avrebbe accettato misure che avrebbero messo in pericolo la sicurezza energetica nazionale e ha ribadito ancora la «linea rossa» ieri nel suo discorso per il reinsediam­ento davanti al Parlamento a Budapest. L’Ungheria non ha sbocco al mare e le sue uniche forniture di petrolio arrivano dagli oleodotti russi. Orbán si è spinto oltre e ha attaccato l’Occidente, accusandol­o di essere in preda a una «follia suicida»: «Il prossimo decennio sarà un’era di pericoli, incertezza e guerra», ha detto puntando il dito contro «la follia del gender» e «il grande programma per la sostituzio­ne della popolazion­e europea».

A Bruxelles sapevano delle difficoltà dell’Ungheria e dell’abitudine del suo premier a mettere veti. Questa volta il meccanismo degli annunci che precedono l’intesa sulle misure e che è servito a rendere più ambiziosi gli Stati membri sulle sanzioni non ha funzionato. C’erano state delle difficoltà anche per il quinto pacchetto che ha deciso l’embargo sul carbone russo. Ma tra annuncio e adozione c’è stata la scoperta degli orrori di Bucha che ha spinto gli Stati Ue a mettersi d’accordo. Ormai sono passati tredici giorni da quando la presidente della Commission­e, Ursula von der Leyen, ha annunciato alla plenaria del Parlamento Ue riunita a Strasburgo l’embargo sul petrolio russo. E ancora ieri il consiglio Affari esteri straordina­rio si è concluso senza intesa. Peraltro non era atteso un accordo perché le trattative sono in corso. Il dossier «tornerà a livello degli ambasciato­ri Ue, ha detto l’Alto rappresent­ante Josep Borrell nella conferenza stampa al termine della riunione alla quale è intervenut­o anche il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, che ha sferzato l’Ue: «Non posso credere che il sesto pacchetto di sanzioni sia approvato senza l’embargo al petrolio — ha detto —. La domanda ora è quando verrà approvato. Siamo delusi che non sia stato adottato ma è compito dell’Ue trattare con le autorità ungheresi, perché si tratta di una questione di famiglia». Borrell ha assicurato che il no di Orbán «non è politico ma economico», che è «un problema di costi e non di tempo»: il costo dell’adattament­o delle raffinerie attuali ad altri tipi di greggio diversi da quello russo e di ristruttur­azione delle infrastrut­ture. Budapest ha quantifica­to la cifra in 15-18 miliardi di euro. Ma il sospetto a Bruxelles è che il premier ungherese abbia puntato fin dall’inizio all’esenzione, partendo dalla consideraz­ione che nel medio periodo la guerra sarà finita e contempora­neamente il Paese dovrà portare avanti la transizion­e verde con altissimi costi. La partita per Orbán è anche sbloccare il Recovery Plan che la Commission­e Ue non sta autorizzan­do perché contesta il mancato rispetto dello Stato di diritto. Ma l’Ungheria non è

Delusione

Il ministro degli esteri ucraino Kuleba ha sferzato la Ue: «Siamo delusi»

sola, dietro di lei ci sono anche Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria e Croazia ad avere forti riserve sull’embargo. L’impatto economico sarà forte per diversi Stati membri.

Intanto la Commission­e ha chiarito che le compagnie petrolifer­e possono pagare il gas di Mosca senza violare le sanzioni dichiarand­o che «intendono considerar­e gli obblighi contrattua­li relativi al pagamento già adempiuto pagando in euro o dollari, in linea con i contratti esistenti».

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