Sanzioni, Orbán mantiene il veto E attacca l’Occidente: «Suicida»
Il premier ungherese: «Un decennio di guerra davanti a noi». Quotazioni record per il grano
Ue ancora divisa sul blocco al petrolio in arrivo dalla Russia Intanto Bruxelles ha chiarito come le compagnie energetiche possono pagare il gas di Mosca senza violare i divieti
BRUXELLES Qualcosa è andato storto nella pianificazione da parte dell’Ue del sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina, che include l’embargo sul petrolio russo. Il risultato è uno stallo nei negoziati tra Commissione Ue, presidenza francese e Stati membri, con il premier ungherese Viktor Orbán che continua a bloccare il pacchetto. Del resto Orbán lo aveva detto fin dall’inizio della guerra: non avrebbe accettato misure che avrebbero messo in pericolo la sicurezza energetica nazionale e ha ribadito ancora la «linea rossa» ieri nel suo discorso per il reinsediamento davanti al Parlamento a Budapest. L’Ungheria non ha sbocco al mare e le sue uniche forniture di petrolio arrivano dagli oleodotti russi. Orbán si è spinto oltre e ha attaccato l’Occidente, accusandolo di essere in preda a una «follia suicida»: «Il prossimo decennio sarà un’era di pericoli, incertezza e guerra», ha detto puntando il dito contro «la follia del gender» e «il grande programma per la sostituzione della popolazione europea».
A Bruxelles sapevano delle difficoltà dell’Ungheria e dell’abitudine del suo premier a mettere veti. Questa volta il meccanismo degli annunci che precedono l’intesa sulle misure e che è servito a rendere più ambiziosi gli Stati membri sulle sanzioni non ha funzionato. C’erano state delle difficoltà anche per il quinto pacchetto che ha deciso l’embargo sul carbone russo. Ma tra annuncio e adozione c’è stata la scoperta degli orrori di Bucha che ha spinto gli Stati Ue a mettersi d’accordo. Ormai sono passati tredici giorni da quando la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato alla plenaria del Parlamento Ue riunita a Strasburgo l’embargo sul petrolio russo. E ancora ieri il consiglio Affari esteri straordinario si è concluso senza intesa. Peraltro non era atteso un accordo perché le trattative sono in corso. Il dossier «tornerà a livello degli ambasciatori Ue, ha detto l’Alto rappresentante Josep Borrell nella conferenza stampa al termine della riunione alla quale è intervenuto anche il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, che ha sferzato l’Ue: «Non posso credere che il sesto pacchetto di sanzioni sia approvato senza l’embargo al petrolio — ha detto —. La domanda ora è quando verrà approvato. Siamo delusi che non sia stato adottato ma è compito dell’Ue trattare con le autorità ungheresi, perché si tratta di una questione di famiglia». Borrell ha assicurato che il no di Orbán «non è politico ma economico», che è «un problema di costi e non di tempo»: il costo dell’adattamento delle raffinerie attuali ad altri tipi di greggio diversi da quello russo e di ristrutturazione delle infrastrutture. Budapest ha quantificato la cifra in 15-18 miliardi di euro. Ma il sospetto a Bruxelles è che il premier ungherese abbia puntato fin dall’inizio all’esenzione, partendo dalla considerazione che nel medio periodo la guerra sarà finita e contemporaneamente il Paese dovrà portare avanti la transizione verde con altissimi costi. La partita per Orbán è anche sbloccare il Recovery Plan che la Commissione Ue non sta autorizzando perché contesta il mancato rispetto dello Stato di diritto. Ma l’Ungheria non è
Delusione
Il ministro degli esteri ucraino Kuleba ha sferzato la Ue: «Siamo delusi»
sola, dietro di lei ci sono anche Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria e Croazia ad avere forti riserve sull’embargo. L’impatto economico sarà forte per diversi Stati membri.
Intanto la Commissione ha chiarito che le compagnie petrolifere possono pagare il gas di Mosca senza violare le sanzioni dichiarando che «intendono considerare gli obblighi contrattuali relativi al pagamento già adempiuto pagando in euro o dollari, in linea con i contratti esistenti».