Tanti assenti frenano il decreto Tensione nella maggioranza
Camera, manca il numero legale. I banchi vuoti tra Lega e M5S Conte riunisce i suoi e punta a un voto sulle armi a fine mese Bufera per un post che critica Onu e Nato sul blog di Grillo
ROMA E uno, due e tre. Alla Camera manca per la terza volta nell’arco di un pomeriggio il numero legale sul voto della pregiudiziale di costituzionalità al decreto varato dal governo Draghi per contrastare gli effetti della crisi in Ucraina. I banchi della Lega sono semivuoti (manca il 67% dei deputati di Salvini), Forza Italia e Movimento 5 Stelle sono a ranghi ridotti.
Fuori del palazzo si lancia l’allarme e si moltiplicano le interpretazioni del triplo incidente: la maggioranza è a pezzi, i leghisti hanno voluto lanciare un segnale per enfatizzare il confronto tra il loro leader e Draghi, il M5S alza il tiro contro Draghi. Spiegazioni intriganti. Ma niente è come sembra. Dentro il palazzo infatti viene fornita — da tutti — un’altra versione. Più banale. E verosimile. I deputati sono stati allertati soltanto ieri e siccome sono quasi tutti in campagna elettorale hanno preferito continuare a farla. L’Ucraina e gli aiuti possono aspettare. Del resto, per una classe politica che, per dirla con il dem Fausto Raciti, «fa campagna elettorale sulla pelle degli ucraini»,che ci sia o no il numero legale per questo decreto non sembra fare grande differenza.
Però, al di là delle votazioni a vuoto di ieri, la politica estera è diventata il discrimine che rischia di far saltare l’alleanza giallorossa prima del 2023. Conte infatti ha messo nel mirino Draghi e chiede un voto sul supporto militare all’Ucraina. Nella riunione del Copasir dove Guerini fa l’elenco (secretato) delle armi che spediremo a Zelensky i 5 stelle non protestano più di tanto. «Fanno il minimo sindacale» ironizza un membro di quell’organismo. D’altra parte, la vicepresidente del Copasir, la grillina Federica Dieni, prima di quella riunione, ha spiegato: «Non è necessario un nuovo voto».
Certo, lei è più vicina a Di Maio che a Conte, però questo la dice lunga sulla situazione nel M5S. E i dem, nonostante gli inviti alla prudenza di Letta, non sembrano più disposti alla clemenza. «Non è accettabile cambiare idea una volta la settimana», dice Andrea Romano. «Niente alleanze senza Draghi e l’atlantismo», rincara
Andrea Marcucci. Meglio Di Maio di Conte, secondo molti dem. «I distinguo dell’ex premier non sono accettabili, la linea del governo è ben rappresentata da Di Maio», osserva Salvatore Margiotta. «È ormai ineludibile capire se la linea è quella di Conte o quella di Di Maio», afferma Dario Stefàno. Letta continua a frenare. «Ma dopo le amministrative — osserva Raciti — bisognerà chiarire con Conte, non credo che Letta abbia intenzione di fare Totò nello sketch in cui le prende al posto di Pasquale...».
E il Conte sempre meno amato dal Pd riunisce il consiglio nazionale M5S. Un vertice interrotto, che continuerà oggi. All’ordine del giorno il voto su una nuova fornitura di armi a Kiev: l’occasione potrebbe presentarsi quando il premier riferirà in Aula prima del Consiglio europeo di fine maggio. Questo però significherebbe rompere col Pd prima delle Amministrative. Intanto le acque restano agitate. Racconta l’AdnKronos che fa discutere un post sul blog di Grillo (condiviso dall’ex presidente della commissione Esteri Vito Petrocelli) a firma dell’ex ambasciatore Torquato Cardilli contro la Nato e i «due pesi e due misure» dell’Onu. «No a semplificazioni, gli Usa sono alleati», commenta l’eurodeputato Castaldo.