Corriere della Sera

LE PATRIE DEL MARE

Il Giro unisce le coste di Abruzzo e Marche Ogni zona ha il suo brodetto di pesce. I confini? Cipolle, dialetti e un Rinascimen­to

- di Roberta Scorranese

A volte per segnare un confine basta un rametto di maggiorana o uno spicchio d’aglio. Per dire, Pescara e Vasto sono separate da una settantina di chilometri e da un bulbo di cipolla: per i vastesi ogni genere di soffritto contamina la purezza del loro brodetto di pesce fatto rigorosame­nte di pomodoro e pescato, mentre i pescaresi ci mettono anche (bestemmia!) l’aceto.

Se pensiamo che la costa abruzzese-marchigian­a non è suddivisa tanto in province quanto in brodetti differenti, si capisce perché certi montanari abruzzesi, quando parlano dei conterrane­i della costa, scuotono la testa e commentano «’lli mattarill ju lu mar’», cioè quei pazzerelli che abitano sulla spiaggia. Pescatori, piccoli e grandi imprendito­ri, artigiani estrosi, barcaioli: la costa illuminata dai tramonti e dalle ombre serali dei trabocchi è un’altra storia rispetto all’entroterra. È l’eccentrici­tà di D’Annunzio contrappos­ta al rigore di Silone, è la battuta salace di Flaiano che si scontra con l’ascetismo dei celestini di Sulmona. E così il brodetto smette di essere una banale zuppa di pesce e si arricchisc­e di sfumature odorose a seconda della zona, cambia nome con un’orgogliosa impennata dialettale, addirittur­a cambia liturgia di preparazio­ne.

A Vasto (per inciso, la città si è più volte autoprocla­mata patria del brodetto) si dice «lu vrudàtt» ed è un altro paio di manici: quelli della «tijella», il tegame, che va coperto e il pesce non va mescolato bensì ruotato, prendendo il coccio per i manici. A Pescara il nome si addolcisce in «brudett», si arricchisc­e di varianti estrose come il peperone secco e fa da riverbero a una città attraversa­ta, nei secoli, dalla modernità. D’Annunzio, Michetti, i Cascella: Pescara ha sempre coltivato i «guizzi», quasi a staccarsi dal resto dell’Abruzzo come un’enclave dell’anima adriatica. Resta il fatto che uno come Marco Verratti, quando torna a casa e lascia in valigia la gloria del Paris Saint-Germain, si mette a giocare a carte con i compaesani di Manoppello. Altra cosa ancora è la costa teramana. A Giulianova si dice «lu vredòtte» e la bellezza di questa piccola città dal lungomare elegante è che alla mattina presto si esce e si trovano già i pescatori pronti a catturare triglie, tracine, gallinelle e altro pesce povero che si trova solo da Trieste in giù. A mano a mano che ci si avvicina alle Marche, però, il brodetto si fa più denso, aumentano le fette di pane abbrustoli­to e il dialetto evoca inflession­i umbre, laziali o addirittur­a toscane a seconda delle zone. Le Marche hanno vissuto un vero e proprio Rinascimen­to anche grazie alle corti, a differenza dell’Abruzzo, orgogliosa­mente legato ad una figurazion­e medioevale.

E così nelle Marche sono fioriti decine e decine di musei, come per esempio Villa Colloredo Mels a Recanati, che vale una visita anche solo per le quattro opere di Lorenzo Lotto, tra cui la famosa Annunciazi­one. La storia del pittore veneziano, più volte umiliato da Tiziano, che vaga per la penisola approdando definitiva­mente nelle Marche, nella Santa Casa di Loreto (dove morì da oblato) conferma il peso culturale che aveva in passato questa regione e che la leggenda di Giacomo Leopardi ha venato di filosofia. La verità è che c’è una differenza abissale con l’Abruzzo, nonostante la prossimità: la bellezza abruzzese bisogna andarla a cercare nella sua essenziali­tà così disadorna da sconfinare nella durezza (l’abusato «forte e gentile» è tremendame­nte vero). Non nel ricamo, ma nell’ordito e questa concretezz­a ha sedotto e seduce decine e decine di intellettu­ali che scelgono la frugalità delle zone dell’entroterra. La bellezza marchigian­a ha la finezza di un merletto, vive nei suoi borghi ricamati (come Jesi, punto d’approdo di questa tappa) e nella forza del racconto: qui anche i cappellai di Montappone sono riusciti a diventare un cult. E a Fano hanno finito per inventare un Festival del Brodetto. Ah, Porto Recanati si è spinta fino all’eliminazio­ne del pomodoro: non è una scissione territoria­le, ma quasi.

A Pescara si dice «brudett» a Giulianova «vredòtt» E quando si sconfina in terra marchigian­a la zuppa si addensa. Così si vede la differenza tra le due regioni vicine: l’essenziali­tà da una parte e l’enfasi dall’altra

 ?? ?? 1 La nave di Pietro Cascella, sculturafo­ntana in marmo di Carrara considerat­a simbolo di Pescara, è stata realizzata nel 1986, inaugurata l’anno dopo e oggi si trova sul lungomare cittadino
1 La nave di Pietro Cascella, sculturafo­ntana in marmo di Carrara considerat­a simbolo di Pescara, è stata realizzata nel 1986, inaugurata l’anno dopo e oggi si trova sul lungomare cittadino
 ?? ?? 2 Il brodetto, piatto di pesce simbolo della cucina marinara dell’Adriatico
2 Il brodetto, piatto di pesce simbolo della cucina marinara dell’Adriatico
 ?? ?? 3 Villa Colloredo Mels dal 1998 è la sede del Museo Civico di Recanati e ospita una selezione di pittura tra cui l’Annunciazi­one di Lorenzo Lotto
3 Villa Colloredo Mels dal 1998 è la sede del Museo Civico di Recanati e ospita una selezione di pittura tra cui l’Annunciazi­one di Lorenzo Lotto
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4 Jesi, piazza Federico II è la piazza storica più importante della città marchigian­a

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